nostro inviato a Baden
Per sapere tutto della Spagna e per sentire battere il cuore dellItalia, bisogna venire da queste parti e incrociare gli occhi di Fabio Cannavaro. Si è già rimesso in piedi, via i punti, rimpicciolito il tutore, procede a ritmo serrato la rieducazione e ha il viso inondato da un sorriso contagioso. Fabio vive, con la famiglia-tribù, a Madrid, quartiere delle ambasciate, indossa la casacca «blanca» del Real Madrid: è il nostro ambasciatore calcistico in Spagna, stimato, apprezzato e molto intervistato, nonostante il suo ruolo defilato in questo europeo da capitano non giocatore. Già, la Spagna. «È un Paese delizioso, ci sta davanti quasi in tutto, a Madrid trovi pulizia, sicurezza, strutture, eppure lItalia resta il posto migliore al mondo», detta con quel trasporto che non è ruffianeria. Da italiano allestero, per lavoro, porta sulla pelle le cicatrici di fatti e misfatti che danneggiano limmagine del Belpaese. «Trovo incoraggianti i primi provvedimenti adottati per Napoli sul problema della spazzatura. Finalmente sento parlare di siti aperti e funzionanti, di zone da destinare a impiantare i termovalorizzatori: sono molto contento», detta, ed è un massaggio al cuore per la comunità tricolore che vive da 3 settimane in bassa Austria.
Per sapere tutto della Spagna si possono anche ascoltare le domande, preoccupate, dei cronisti spagnoli in avanscoperta che riferiscono a Cannavaro del pronostico di Zapatero («3 a 2 per la Spagna»). «Io spero che finisca 1 a 0 per noi, un risultato che loro non gradiscono», la replica del leader azzurro di Baden che non si nasconde nemmeno dietro i grandi ritardi. «Non vi battiamo in tornei ufficiali da 88 anni», riferisce un altro «periodista» e Fabio si scioglie in una battuta: «Portate pazienza per unaltra settimana». Cannavaro è così, un monumento di simpatia e di genuina fisicità. È capace di riferire della «malandrinata» di Casillas, il portiere del Real («gli ho mandato un sms, non mi ha risposto»), ma anche di una classifica da sottoscrivere in pieno, «Buffon è il numero uno al mondo, Casillas fra i primi tre nel ruolo». È pronto a confezionare una battuta gustosa («per fermare Fernando Torres e Villa ci vorrebbe il limite di velocità») per raccontare delle qualità speciali di questi due attaccanti, «da non perdere mai docchio, un solo istante, perché partono e non li raggiungi più, ti fanno male e sei stecchito, con due passaggi sono davanti alla porta», raccomanda. «Dei due mi colpisce Villa», segnala. Forse rivolgendosi a Chiellini, diventato Giorgio fin dal primo giorno sciagurato vissuto qui in Austria, dopo quel contrasto in fondo al prato di Maria Endersdorf con la caviglia in frantumi e lintervento chirurgico. «Giorgio mi sta piacendo, commette un po troppi falli, è istintivo, irruento, forse lo ero anchio alla sua età» e guarda in faccia i cronisti più stagionati per capire se la ricostruzione è autentica oppure no.
La sintesi di quasi unora di chiacchiere, davanti a taccuini e microfoni, è tutta nella seguente frase: «La Spagna ha più qualità e gioventù, noi siamo più squadra». Che ritaglia le contraddizioni scolpite da Aragones e Donadoni, lanziano Ct maestro della «seleccion» più giovane e rampante delleuropeo contro il suo più giovane rivale, guida di una Nazionale stagionata e con qualche alloro appuntato sul petto. «Vedere i giornali italiani ci ha dato una carica straordinaria: se perdi diventi un bamboccione, se vinci un fenomeno. La verità è che noi possiamo far fuori chiunque», rivela Fabio e forse pensa anche a quel che è accaduto qualche giorno prima con la Francia. «Noi avevamo negli occhi una forza che i francesi non avevano, noi andiamo avanti, la loro generazione è al capolinea», stabilisce con una ribalderia che raccoglie tanti consensi.
I difetti degli spagnoli, gioventù a parte, sono quelli di sempre: «Si fanno sorprendere sulle punizioni», giura Cannavaro.
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