Le analisi della polizia scientifica potrebbero presto chiarire se Alessandro Cozzi ha ucciso a coltellate Alfredo Capelletti, suo socio in affari e amico. Delitto per il quale 13 anni fa venne fortemente sospettato ma mai formalmente indagato. Sospetti diventati più forti dopo la morte di Ettore Vitiello, anche lui suo amico e socio in affari, anche lui ammazzato a coltellate.
Personalità complessa quella di Cozzi, 53 anni, uomo di fede, laureato in Lettere, formatore professionale, ma soprattutto personaggio televisivo. Per anni ha infatti condotto «Diario di famiglia» con Maria Rita Parsi sulla Terza Rete della Rai. Il 29 marzo andò a un incontro con Vitiello, 58 anni, titolare di una società di formazione lavoro. Insieme avevano organizzato dei corsi di aggiornamento, per cui la Regione aveva erogato 34mila euro. Intascati da Cozzi ma mai divisi con Vitiello. Dopo aver inutilmente sollecitato il pagamento, il socio aveva minacciato di denunciare il conduttore, scatenando la sua furia omicida. Vitiello fu massacrato nel suo ufficio di via Antonelli 3 con trenta coltellate.
Più o meno la stessa situazione che si era venuta a creare 13 anni prima quando Cozzi lavorava per Capelletti, 49 anni, sposato con due figli. Accusato di aver «rubato» clienti, intascato soldi e sottratto materiale formativo, stava per essere messo alla porta e il 13 settembre 1998 si incontro con Capelletti nel suo ufficio di via Malpighi 4. L’uomo fu poi trovato con un coltello in mano e una ferita mortale al cuore. Apparentemente s’era tolto la vita, ma la ricostruzione non stava in piedi per molte ragioni. Dopo un simile suicidio infatti la lama viene solitamente trovata ancora conficcata nel corpo. Mai visto uno togliersela dopo essersi ferito. Il medico legale ipotizzò che Capelletti si fosse colpito con la mano destra, conficcandosi il coltello fino all’impugnatura, per poi estrarlo con la sinistra. Ma l’uomo era stato appena colpito da un’ischemia che aveva fortemente indebolito il braccio destro, privo della forza per vibrare un colpo così profondo. Per la moglie poi suo marito non era tipo da «gesti estremi», non ne avrebbe avuto motivo, la sua situazione famigliare, professionale e patrimoniale era quanto mai tranquilla, e lui aveva il terrore del sangue.
Cozzi entrò prepotentemente nelle indagini fu a lungo interrogato senza mai cadere in contraddizione. Prove schiaccianti non ne vennero trovate e il caso fu archiviato come suicidio. Ma dopo il delitto Vitiello, la squadra mobile ha ripreso in mano il fascicolo andando a verificare tutte le dichiarazioni, i tempi, gli spostamenti di Cozzi. Ma soprattutto andando a cercare i reperti di quella prima morte. In 13 anni infatti le tecniche per analizzare la scena del crimine sono notevolmente migliorate e gli esperti sono ora in grado di trovare tracce e impronte allora impossibili da evidenziare.
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