L’onda degli studenti-teppisti Berlusconi: andate a studiare

Cortei, stazioni occupate, blocchi autostradali e scontri con la polizia: gli universitari scatenati in tutta Italia per tentare di fermare la riforma

L’onda degli studenti-teppisti Berlusconi: andate a studiare

Per quanti motivi una persona normale può prendere il treno? Per andare a lavorare, per trovare un lontano parente malato, perché ha l’auto guasta. Oppure perché non vuole inquinare o magari in viaggio gli piace leggere. Ieri tutto ciò è stato impossibile. Italia paralizzata. Cortei. Presìdi. Okkupazioni. Blocchi sui binari. Blocchi stradali. Traffico impazzito. Centri storici militarizzati dalle forze di polizia. Cariche sui dimostranti. Uova e pietre contro gli agenti, letame contro assessori, operatori televisivi e sedi del Pdl. Gli studenti l’avevano promesso: la protesta per difendere un sistema universitario tra i più corrotti e chiusi al mondo avrebbe fermato il Paese. Ci sono vergognosamente riusciti.

Fossero almeno rimasti sui tetti, assieme a Bersani, Di Pietro e Della Vedova. No, sono scesi dalle tegole alle strade (asfaltate e ferrate) per seminare il caos nonostante siano una assoluta minoranza. «Gli studenti veri sono a casa a studiare, quelli che protestano in giro sono dei centri sociali e fuori corso», ha detto ieri il premier Silvio Berlusconi al ritorno dalla tre giorni in Libia, Kazakhstan e Russia. I numeri gli danno ragione. «La riforma del ministro Gelmini è una buona legge», ha aggiunto il premier. In Parlamento aveva ricevuto consensi bipartisan e l’incondizionato appoggio dei finiani, poi passati con i teppisti. Che, per quanto pochi, ieri hanno messo in ginocchio il Paese alimentando la tensione.

Da nord a sud, è stata una giornata di guerriglia. A Roma le forze dell’ordine hanno dovuto caricare gli studenti che avevano assaltato due blindati lanciando pietre e bottiglie in via del Corso, non lontano da Montecitorio. Un paio di agenti sono rimasti feriti negli scontri. Gli studenti volevano «violare la zona rossa come a Genova», cioè replicare l’irruzione di qualche giorno fa al Senato, ma gli uomini schierati dal ministro Maroni hanno impedito un nuovo assalto alle sedi istituzionali. Traffico bloccato per ore sulle circonvallazioni di Firenze e sulla tangenziale di accesso all’autostrada del Sole e all’aeroporto di Peretola; lapidi e una bara con la scritta «Università» sono state piazzate davanti alla sede del rettorato mentre alcuni ricercatori vestiti da beccamorti e incappucciati di nero hanno celebrato i funerali degli atenei pubblici. Lancio di oggetti e violenti scontri a Bologna alla testa del corteo studentesco, ovviamente non autorizzato: «bombe» di vernice, bottiglie, chiodi, cubetti di porfido, scalpelli. Trenta chili di letame sono stati depositati davanti alla sede del Pdl in piazza Santo Stefano. Assaltata e danneggiata anche la stazione ferroviaria, che pure è un simbolo antifascista, nel silenzio della sinistra. Quattro studenti sono finiti al pronto soccorso e altrettanti medicati sul luogo degli scontri dalle ambulanze del 118. Il serpentone ha fatto sfracelli anche più a nord, sull’autostrada: settemila persone, secondo la questura, hanno impedito la circolazione sulla A14. Fumogeni e vuvuzelas, evviva il «blocchiamo tutto day». La protesta è finita in via Zamboni, sede della facoltà di Lettere, manco a dirlo occupata.

Le stazioni ferroviarie occupate con sit-in durati ore sono state una ventina, da Milano a Palermo, da Padova a Lecce, da Perugia a Torino, da Parma a Venezia. I treni sono un bersaglio facile, basta accovacciarsi sui binari in poche decine e il gioco è fatto: ritardi garantiti, confusione diffusa, convogli dirottati su altre tratte, e - come recitano i comunicati ufficiali - traffico che torna alla normalità soltanto dopo lunghe ore di agonia. Pochi gruppi di scalmanati in uno snodo cruciale come Padova possono paralizzare contemporaneamente la direttrice Torino-Trieste, la linea da Bologna e le tratte locali verso il Nordest. I professionisti della guerriglia lo sanno, lo praticano dai tempi del boicottaggio ai treni militari, e applicano la tattica con maestria.

Altro letame a Genova, sostanza che i contestatori maneggiano con abilità. Sacchi di sterco sono stati lanciati in piazza De Ferrari, pieno centro storico, contro due assessori del Pd che partecipavano a un dibattito televisivo sotto un tendone con rappresentanti di diverse categorie economiche. L’emittente organizzatrice, Class Cnbc, ha trasmesso le immagini dell’assalto, con gli studenti spargi-stallatico che urlavano: «Non c’è differenza con quelli contro cui protestiamo». A Napoli sono stati invece depositati sacchi di rifiuti non davanti all’università ma all’ingresso dei palazzi della provincia e della regione, enti amministrati dal Pdl. Sempre per la serie «prendiamocela con chi governa», a Torino decine di studenti hanno compiuto un blitz negli uffici decentrati del ministero dell’Istruzione, sfondando il portone d’ingresso e salendo al secondo piano, fermati soltanto dai vetri antiproiettile che proteggono i dipendenti. A Lecce è stato occupato l’anfiteatro romano con lanci di petardi.

Con scarsa fantasia, sulle orme dei Serenissimi ma 13 anni dopo, gli studenti in rivolta anti-Gelmini hanno occupato la basilica di San Marco. Non avevano il «tanko» ma striscioni e cartelli.

Anche qui, nessuna voce si è levata per condannare il gesto: soltanto la Lega ha osservato che allora lo Stato reagì con «una risposta crudele e impietosa» mentre le occupazioni odierne vengono considerate legittime forme di protesta.

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