L’OPERA

La chiesa, dedicata a San Michele Arcangelo, sorge lungo il declivio occidentale del monte Tifata. Inizialmente nei documenti l’edificio è indicato come «ad arcum Dianae» (presso l'arco di Diana), ricordando che sorgeva al di sopra dei resti del tempio dedicato a questa divinità, mentre successivamente ci si riferisce ad esso con le denominazioni ad Formas, Informis o in Formis. L’interpretazione etimologica della nuova denominazione è controversa: l’ipotesi più accreditata è che derivi dal termine latino «forma» (acquedotto). I resti del tempio romano furono rinvenuti nel 1877, la basilica ne ripercorre il perimetro, aggiungendo le absidi al termine delle navate. La prima costruzione della basilica si può far risalire all’epoca longobarda. Al tempo del vescovo di Capua Pietro I (925-938), la chiesa fu donata ai monaci di Montecassino, che volevano costruirvi un monastero. La chiesa fu poi tolta ai monaci e ridonata loro nel 1072 dal principe di Capua, Riccardo.

L’allora abate Desiderio di Montecassino (il futuro papa Vittore III) decise di ricostruire la basilica (1072 - 1087) e ne rispettò ancora gli elementi architettonici di origine pagana. A lui si devono gli affreschi di scuola bizantino-campana che decorano l’interno e che costituiscono uno tra i più importanti e meglio conservati cicli pittorici dell’epoca nel sud Italia.

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