In Zimbabwe è morta anche la speranza. A cinque giorni dal voto Morgan Tsvangirai ha gettato la spugna. Venerdì prossimo nel Paese non vi sarà alcun ballottaggio e il dittatore Robert Mugabe, al potere da 28 anni, potrà continuare a regnare indisturbato. Il carismatico sindacalista capofila dellopposizione e vincitore a marzo del primo turno delle presidenziali era ormai con le spalle al muro. Doveva scegliere se spingere al martirio i propri sostenitori esortandoli a raggiungere le urne nonostante le minacce del regime o rassegnarsi alla sconfitta assistendo al desolante spettacolo dei seggi occupati dai vigilantes di Mugabe. Ha deciso di ritirarsi, di risparmiare la pelle dei suoi e forse anche la propria.
«Non posso chiedere ai miei elettori di rischiare la vita in una consultazione il cui risultato è già deciso» ha detto Tsvangirai nella conferenza stampa convocata dopo lennesimo assalto a colpi di spranghe e bastoni contro un gruppo di militanti del suo partito. «Siamo di fronte ad un complotto del regime ha spiegato - Mugabe ci ha dichiarato guerra e, come ha detto lui stesso, il proiettile ha ormai sostituito la scheda elettorale». Nelle ultime settimane Tsvangirai ha subito cinque arresti ed ha assistito impotente alleliminazione di oltre 86 sostenitori.
Pallottole, spranghe, torture e arresti arbitrari non sono i soli strumenti usati per intimidire gli oppositori. Su madri, mogli e figlie dei fedeli di Tsvangirai grava la minaccia degli stupri. Dal primo turno delle elezioni vinte dal leader dellopposizione ad oggi le violenze ai danni delle donne legate allopposizione avrebbero superato quota 500. La testimonianza resa alla Bbc da una ragazza ridotta in schiavitù e ripetutamente stuprata da un gruppo di militanti di regime conferma questi resoconti. «Mi sono piombati in casa subito dopo le elezioni di marzo, sapevano che ero una sostenitrice dellopposizione e che mio marito era morto...
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.