(...) ma soprattutto della carica e degli argomenti che mettono in campo i candidati della Casa delle libertà a sindaco e presidente della Provincia. Puntualissimi, Musso e Oliveri arrivano in simultanea con il loro mentore riconosciuto, lonorevole Claudio Scajola, quando già la sala addobbata per i discorsi è gremita di pubblico e di rappresentanti dei partiti che appoggiano i due cavalli di razza del centrodestra. Tanta è la partecipazione che i megaposter alle pareti - coi volti dei due e la scritta «Ora tutto può cambiare» - neanche si intravedono. In prima fila il senatore Alfredo Biondi, i deputati Gabriella Mondello ed Enrico Nan, il coordinatore metropolitano azzurro Roberto Cassinelli, il minisindaco del Medio Levante Pasquale Ottonello. Conquista lobiettivo dei fotografi anche il consigliere regionale Matteo Rosso, che entra prepotentemente in scena quando Scajola si stacca dal corteo e labbraccia affettuosamente, bruciando il tentativo di altri «candidati» alla medesima effusione. Ma i riflettori si spostano subito sui protagonisti. Che sono innanzi tutto Musso e Oliveri. Prende lei il microfono - «da perfetta velina», celia lei, strappando la prima standing ovation -, e la butta in gloria: «Siamo pronti a scoperchiare la cupola di potere che governa la città e la provincia!». È sua, di Renata cuor-di-leone (e artigli-da-leonessa), la definizione del point come «Piazza delle libertà». Non è da meno il professore di Economia: «Cosa deve cambiare a Genova? Tutto!». Poi saluta «gli amici dei partiti che sono, anche fisicamente, intorno a noi oggi e in tutti questi mesi di campagna elettorale». In effetti, la schierante è rappresentativa ai massimi livelli: oltre a Scajola e agli altri azzurri, ci sono Sandro Biasotti, il neopresidente provinciale di An Gianfranco Gadolla, il leghista Francesco Bruzzone, Umberto Calcagno e Vincenzo Lorenzelli dellUdc, larchitetto Alessandro Casareto per i democratici cristiani, Franco Sensi dei Riformatori liberali e Mauro Rossi (Pensionati).
È proprio questultimo a ricordare: «Dove andiamo noi, facciamo vincere la coalizione». Poi fa atto di contrizione: «Purtroppo abbiamo contribuito al successo di Prodi, ma ora mi sento come un emigrante che torna a casa». Calcagno, invece, rivendica con orgoglio: «Siamo stati i primi a condividere la scelta a favore di Enrico e Renata». Scajola gongola: lavevano «accusato», ora si prende i meriti. Converge anche Alleanza nazionale, che da principio sembrava restia. Al vertice è arrivato Gadolla, che insiste: «Tutti insieme dobbiamo appoggiare con convinzione i nostro ottimi alfieri». Biasotti eccepisce: «Non è vero che tutto può cambiare, questi due dimostrano che è già cambiato tutto». I muri vacillano sotto la spinta dellentusiasmo, salta anche la corrente elettrica - che per essere in un palazzo ex Enel non è il massimo...-, ma lui, Sandro, resta un ciclone. E bacchetta Scajola: «Ma dove lhai preso un candidato così bello? Sono invidioso. Almeno lasciatemi le ultrasessantenni». Non cè dubbio: latmosfera, nella Casa, è lopposto di quella che si respirava nelle più recenti tornate elettorali. Se ne compiace il presidente del Copaco, il comitato di controllo dei servizi segreti: «Ci sono le condizioni, a livello nazionale e locale, per vincere - tuona Scajola, che al pomeriggio presenterà i candidati a una sessantina di industriali genovesi -. Musso, fin dalle elementari, è un primo della classe, non un secchione, ma uno sportivo. È una persona per bene, e anche un esperto di logistica. Per Genova è tanta manna. Renata poi è stata lartefice principale dellutilizzo delle risorse europee a favore della Liguria». E conclude: «È come nel commercio: se cè il prodotto buono e la comunicazione giusta, si vende e si vince!».
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