Politica

È l’ora del tiro al ministro Ma il Pdl ci mette del suo

Il governo è una preda e i suoi avversari cominciano a sentire l’odore del sangue. Ci siamo. La caduta di Scajola sembra un segnale, l’inizio della corsa, dell’assedio e in tanti ci sperano. È questo il clima che si respira in un’Italia dove le crisi non sono mai politiche, ma il risultato di colpi portati con tutte le armi. La storia di questo lungo anno lo dimostra. Berlusconi ha dovuto schivare una serie di colpi più o meno bassi. La parola d’ordine è stata: bisogna farlo fuori. Non importa come: Noemi, D’Addario, Spatuzza, Mills, lodo Mondadori, Fini e qualsiasi oggetto contundente utile a ferire e far rotolare il premier. Qualcosa è cambiato. Visto che il Cavaliere non cade l’obiettivo è aggirarlo. Si parte con il tiro ai ministri. C’è da preoccuparsi.
È un momento delicato. Scajola si è dimesso per difendersi. È una mossa responsabile. Quando si parla di casa gli italiani non hanno pietà. La casa per molti è un miraggio, per tanti è il sudore e la fatica del mutuo che bussa puntuale ogni mese. L’idea che un politico se la faccia regalare fa imprecare anche i santi. Questo l’ex ministro lo sa. È stato lui a dire che forse non è stato attento. Non si è reso conto di quello che stava accadendo. «Forse sono stato un po’ superficiale». Forse. È quello che gli stessi elettori del Pdl faticano a capire. Accanimento giudiziario? Il dubbio magari c’è. Ma è anche vero che questa maggioranza certe volte fa di tutto per cacciarsi nei guai.
Le dimissioni di Scajola sono ancora calde e il tam tam delle agenzie batte i guai di Denis Verdini. Uno dei tre coordinatori del Pdl è indagato per corruzione. Si parla di appalti pubblici poco chiari sull’eolico in Sardegna. Verdini dice con fermezza che lui non c’entra nulla con tutto questo sputtanamento. Si difenderà. Bondi giudica sospetta l’onda di indagini che sta coinvolgendo gli uomini del centrodestra. Nell’inchiesta sull’eolico spunta e rimbalza il nome del faccendiere Flavio Carboni. È un nome che crea allarme. Non è uno sconosciuto. Ancora una volta i soliti elettori si chiedono come si possa associare il nome di Verdini a quello di Carboni. Leggerezza? Tutti sanno chi è Carboni. Non è il caso che la classe dirigente del Pdl selezioni il giro di frequentazioni? Non è un indizio di colpevolezza. È cautela.
Gli uomini della maggioranza non possono permettersi ingenuità. Non è il momento. Non lo è mai. Le opposizioni, parlamentari e no, sanno che la partita elettorale è chiusa, che combattere con le armi della politica non basta. Ha ragione Fini quando dice che l’opposizione è disperata. Ogni debolezza diventa una finestra, una speranza, una strada da percorrere per ribaltare lo scenario e far cadere il governo. Non ci possono essere ambiguità. I ministri e i vertici della maggioranza devono essere responsabili. È un dovere nei confronti degli elettori, di chi li ha votati, di chi crede che questo governo possa segnare una svolta storica per il Paese. Le ultime regionali sono la firma su una cambiale in bianco. Tre anni di fiducia piena. Non si può rovinare tutto questo con le cattive compagnie. Chi si sporca le mani si assuma la responsabilità politica e morale di aver assassinato il Pdl.

Non c’è resurrezione.

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