Cultura e Spettacoli

L’orgia dei Borgia

Potere, ricchezza, erotismo: Ivan Cloulas svela i segreti della dinastia

Dopo i medaglioni luminosi - Lorenzo il Magnifico, Colombo, Leonardo, Galileo - la «Biblioteca Storica» propone il primo arazzo di una famiglia. Ci sono molti motivi perché chi è interessato al Rinascimento non rinunci al primo volume de I Borgia, di Ivan Cloulas, disponibile domani con il Giornale.
Primo motivo: la pagina di Cloulas avvince. È da saggio scientifico, ne fa fede l’adesione alle fonti, bibliografiche e archivistiche, registrare e discusse. Ma vi lievita il pepe del narrare. La descrizione ha l’arte orafa del dettaglio. Il conclave di Rodrigo è da thriller politico. Il negozio millimetrico dei voti non è tra pii mormorii, ma tra tintinnii di ducati, intesi come valuta aurea per il sottobanco di prebende, vescovati, alleanze e passaporti diplomatici. L’intronizzazione di Alessandro VI («con Cesare Roma ebbe un re, con Alessandro ora ha un dio») è da epica di costume, pur fondandosi sullo smaliziato Diarium del cerimoniere pontificio Giovanni Burckard. Tra le cannonate d’onore, il corteo policromo sfila in una Roma corrusca di sete, di fiori, di dame ingioiellate ai veroni patrizi, di archi trionfali modello Costantino, mentre giganteggia lo stendardo con il bue rosso, ricordo delle origini pastorali e guerriere del clan, quando i Borjas abitavano il patio di Játiva, nell’ex moschea ombreggiata di palme. La fine di Rodrigo è da horror, Sua santità ridotto per contrappasso della cupidigia di delizie a un’enfiagione nerastra, per veleno o malaria, involucro di marciume che i becchini incastrano a pugni nella bara troppo stretta, ricacciando in gola la lingua esposta, tumefatta, per le frettolose esequie nell’afa ferragostana, con una Roma gaglioffa che sghignazza sullo sfascio del despota in tiara.
Ecco il primo sposalizio di Lucrezia, la figlia, lei tredicenne, il lungo strascico retto da una mulatta, mentre lo sposo, Giovanni Sforza, incede nella sala vaticana con vesti drappeggiate d’oro, da «turco alla francese». Poi il bagno di Lucrezia, signora di Ferrara, con la favorita Nicoletta, tra esotici effluvi, cuscini di broccato, reticelle d’oro e perle tra i capelli sciolti. Ce n’è abbastanza per una rovente fiction iberico-romana, con il limite dei bollini rossi in sovraccarico. C’è l’incesto (scandalistico o reale, ma il letterato Sannazaro coglieva l’umore comune quando marchiava Lucrezia come Taide, la mitica lucciola, perché di Alessandro VI, il papa Borgia, era figlia, sposa e, in qualità di amante del fratello Cesare, famigerato Valentino, pure nuora). La cornice è delle infinite carnevalate, dei piccanti balli, dei festini in ville e vigne in una Roma tutta sua, per la quale il Borgia pretende il rango di capitale del pianeta.
Qui è la seconda attrattiva del libro, qui batte il suo polso storico e politico, l’analisi del sistema del potere temporale, diverso dai principati rinascimentali solo per il suo esclusivo carattere elettivo, non dinastico.
Da ultimo, in questa parte iniziale dell’opera dedicata a Rodrigo Borgia e all’ascesa del Valentino, già spicca un terzo pregio. Con il metodo della critica storica, Cloulas reintroduce i Borgia nel loro quadro, il Rinascimento, evitando i moralismi o - peggio - gli sdoganamenti, i conati di riqualificazione (che non sono mancati, nel tempo) quasi sempre faziosi e devianti. I Borgia come «famiglia»: vi si esplora una tensione unitaria, anche tra personalità schierate agli opposti, eccessi di piacere e di potere da una parte, edificazione dall’altra (il gruppo vanta anche un santo, il gesuita Francesco Borgia).

Nel loro sangue bolliva un’ostinazione, plasmata in progetto (per Rodrigo, padroneggiare il mondo; per Cesare, formare regni, in Italia e oltre; per Francesco, redimere il cosmo). Esploratori dell’impossibile, ebbero ribrezzo della mediocrità. Praticarono il culto della volontà: un’ansia di liberazione che li rese, a pieno titolo, cittadini del Rinascimento gagliardo ed egoista.

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