Napoli«Io e la mia famiglia, abbiamo le mani pulite. Ma di che cosa mi si accusa? Ho fatto il calcolo: ho fatto meno segnalazioni io, che gli amici dell'Italia dei valori. Io, a quanto pare, ne ho fatte 26, mentre, l'Idv, con i suoi rappresentanti, senatori e consiglieri regionali, ne ha fatte 27». È un Clemente Mastella combattivo, pronto per la nuova battaglia giudiziaria che ha colpito non solo lui e l'Udeur, ma anche (per la seconda volta in un anno e 9 mesi) la moglie Sandrina, presidente del Consiglio regionale e il figlio Pellegrino. Nella saletta del partito di via Melisurgo, a quattro passi dal Porto di Napoli, con lo stato maggiore del Campanile al suo fianco, a cominciare dal neosegretario regionale campano, Giulio Di Donato, Mastella, attacca, ironizza, provoca, rispedisce al mittente tutte le accuse contenute nelle 915 pagine della ordinanza emessa dal gip Laura Alfano, nell'ambito dell'inchiesta dei carabinieri di Caserta, su appalti, assunzioni e sospetti di collusioni con il clan Belforte. Ma, Clemente, avverte: «Se qualcuno aspetta che io dichiari guerra ai magistrati, si sbaglia. Non è nel mio stile. Penso di essere vittima di una ingiustizia, ma, spero in un film a lieto fine».
Un po' dramma, un po' sceneggiata, un po' comizio, la conferenza stampa di Mastella ha mantenuto un cliché tutto napoletano, tra urla, spintoni, sigarette accese, qualche applauso dei fan della famiglia di Ceppaloni. Mastella si è sbracciato, ha gesticolato, cambiato cento, mille volte l'espressione del suo volto e battibeccato qualche volta con i cronisti, che gli facevano domande, prendendo spunto dal provvedimento della magistratura. Due volte fiero, Mastella ha innanzitutto rivendicato l'onestà sua e dei familiari. «Non ho mai preso una lira in vita mia: io, sono una persona perbene. La mia moralità non può essere offuscata da nessuno. Non lascerò la politica. Già una volta ho lasciato da ministro della Giustizia, con un gesto che non ha precedenti nella storia della Repubblica. Io e la mia famiglia, abbiamo le mani pulite». Poi, ha espresso tutto il suo orgoglio di uomo del Sud. «Rivendico la mia storia, rivendico il fatto che sono nato qui nel Mezzogiorno, dove il bisogno è più marcato, dove ogni parlamentare o la maggior parte di noi ha problemi rispetto all'impatto con gente che non ce la fa e che ha sofferenze. Quando andremo davanti al tribunale farò vedere eventualmente le persone che ho segnalato e vedrete se ho segnalato ricchi o ho segnalato poveri. Mi spiace per altra povera gente che aveva analoghe difficoltà».
Un po' automartirizzandosi, Mastella ha raccontato la storia di San Clemente. «Farò come lui. San Clemente è il santo al quale nell'iconografia religiosa, mettevano una corda al collo agganciata ad una pietra e lo buttavano in acqua per farlo morire. Ma lui riemergeva ogni a volta. Farò anche io così.
Ironico Mastella lo è stato quando è stato chiamato a rispondere sulla Porsche Cayenne del figlio Pellegrino (episodio non rilevante penalmente ma, definito dal gip Alfano «episodio di estrema gravità»), acquistata da Tommaso Buttone, cognato del boss Domenico Belforte, uno dei capi della camorra casertana. «Si, sono andato a parlare con il boss e gli ho detto, sa, siccome voglio essere un ministro della Giustizia superficiale, mi regalerebbe una Porsche. E lui me l'ha regalata». Poi, messa da parte l'ironia, Clemente, ha risposto sdegnato alle accuse di essere a capo di un partito, con presunti collegamenti con la camorra casertana. «È inaccettabile l'idea che io sia a capo di un partito di persone poco perbene, o peggio di una cupola. Sono davvero uno strano capo se nella classifica delle raccomandazioni sono solo al sesto posto. Ho combattuto la criminalità e da ministro della Giustizia, mi sono impegnato per il 41 bis. Alle Regionali del Lazio ho escluso dalle liste un candidato e per questo sono stato condannato in sede civile. Non posso sapere di tutti ma se c'è qualcuno che ha sbagliato, ne risponderà personalmente e dovrà farsi da parte».
L'ultima «dedica» è per il governatore della Campania, Antonio Bassolino che alla notizia dello scandalo Arpac, aveva parlato di fatto «grave» e di sentirsi «preoccupato». La replica di Clemente: «Bassolino si preoccupi della sua vicenda, ben più grave. E, intanto, continua a fare il presidente della Regione Campania».
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