L’Otello di D’Elia per il Libero

L’Otello di D’Elia per il Libero

Viviana Persiani

Quattro gli appuntamenti teatrali previsti per questa prima settimana di luglio. A partire da questa sera, al Teatro Libero, dove debutta Otello, regia di Corrado d’Elia. Dopo il recente successo di Amleto (oltre 3800 presenze in una sala da 99 posti), la Compagnia Teatri Possibili ripropone la prima tappa di una tetralogia shakespeariana iniziata 5 anni fa: nel cast, lo stesso d’Elia, nella parte di Jago, e Marco Brancato nel ruolo di Otello.
Otello è per noi un autentico viaggio onirico sospeso tra sogno e realtà, cadenzato da continui risvegli, in un limbo dove incubo e reale sono la stessa cosa. Una non-scenografia, semplice ed essenziale: nera come l’inferno con una nicchia centrale sul fondo per incorniciare visioni e due tombe d’acqua in primo piano; più che il mare delle città in cui si svolge la tragedia, evocano vischiose trappole dell’anima, magiche bolle sorgive cui attingere la forza per realizzare le trame di Iago. Unico elemento di scena un trono mobile affilato come una lama ed emblema di potere. Il sociale è cancellato: non c’è Venezia, non c’è Cipro, solo sentimenti estremi che si aggrovigliano in una scatola di incubi.
Otello, vittima sacrificale e carnefice assassino è divorato dal dubbio e dall’ansia della possibilità totale, che corrode e offusca ogni certezza d'amore: tutto può essere una cosa e anche l'opposta. Sulla linea di confine tra ombra e luce, è labile il confine tra bene e male, tra «onesto» e «disonesto» e si consuma e si vanifica parallelamente il trionfo dell’amore e quello dell’odio. Uno spettacolo visionario, carnale, ma asciutto e diretto, che cerca di restituire al testo di Shakespeare originalità e ritmo, poesia e colore, alla continua ricerca di un teatro di «misura».
Si conclude, alla Scuola d’arte Drammatica Paolo Grassi, Pre-visioni, la rassegna composta dai saggi dei 5 allievi registi del terzo anno che hanno concluso il loro percorso formativo; il 5, tocca a Claudio Autelli, con il Caligola di Albert Camus, chiudere il ciclo. «Sono ancora vivo!» è la famosa battuta sussurrata dal giovane Caligola, appena colpito a morte dai congiurati che ne hanno appena deciso l’eliminazione, la frase con la quale Camus fa calare il sipario di Caligula (1941), il primo di quattro copioni ispirati alla vita dell’imperatore romano, un sunto del suo percorso teatrale, della sua riflessione sull’assurdità del vivere.
Per la rassegna, «Da Vicino nessuno è normale», venerdì spazio a La canzone degli F.P. e degli I.M. di Elsa Morante, lettura pubblica nella quale emerge il messaggio rivoluzionario della scrittrice: si può essere felici. Sabato 9, invece, Le cose sottili nell’aria, di Massimo Sgorbani, è un dramma composto dall’intreccio dei monologhi di un figlio e di una madre che danno vita a una storia a distanza destinata al fallimento.

Avviati sulle strade maniacali di «normali» diversità, i due sembrano proiettarsi vicendevolmente, vivacchiando in due ambienti spogli senza porte né finestre dove radio e televisioni trasmettono una sorta di radiotelegiornale di eventi feticcio da loro stessi evocati: l’urlo di Tardelli, l’uomo sulla Luna, Moro e le Br, la bambina vietnamita bruciata dal napalm.

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