L’Otello «intimista» che sa parlare al cuore di tutti

Nella sua lunga e poliedrica carriera, Giancarlo Sepe è sempre stato un regista amante delle sfide. Sfide sul fronte della ricerca, con quel maniacale «artigianato» scenico capace di contagiare attori giovani e di costruire sofisticati capolavori in miniatura. Ma sfide pure sul fronte del teatro istituzionale. Laddove la sua visionarietà, originale ed eccentrica, e il suo acuto talento critico sono stati messi volentieri a servizio di grandi interpreti come, tra gli altri, Mariangela Melato, Giuliana Lojodice, Aroldo Tieri e, più di recente, Monica Guerritore. Territorio «letterario» prescelto: ora celebri opere della drammaturgia tradizionale, ora rielaborazioni ad hoc di romanzi, favole, racconti, ora storie collettive scritte sul corpo e con il corpo. Tuttavia i due poli della sua attività non sono mai stati in conflitto, semmai complementari. Come se il lavoro condotto nel piccolo spazio di Trastevere, La Comunità, risultasse osmotico rispetto a quello indirizzato alle sale maggiori e viceversa. Emblematico in tal senso sembra pure Otello di Shakespeare adattato alla cifra espressiva di Andrea Giordana, attore eclettico e di forte carisma, e riletto in chiave sentimentale per dare voce a un Otello/capitan Nemo idealista. «Questo Moro di Venezia - spiega Sepe - è un sognatore romantico che scappa dalla realtà dei dolori del cuore, perché ha paura di soffrire. Una sorta di capitan Nemo che inizia a odiare gli uomini perché questi lo hanno tradito, deriso, blandito; hanno fatto finta di accettarlo e poi lo hanno distrutto per una vile storia di letto». E come tutti gli eroi romantici che si rispettino, anche questo Otello sofferente ha un suo luogo deputato: «un rifugio, uguale a quello che gli studenti s’inventano in spazi non canonici per affrancarsi dalla vigilanza dei genitori». Dove rintanarsi quando, dopo che gli avvenimenti si sono scompaginati e il tempo si è squadernato, egli sente incombere la tragedia, la solitudine, il pericolo, la perdita di Desdemona, di quell’amore puro e profondo.

Questo lavoro di Sepe, atteso all’Eliseo per questa sera, incuriosisce e intriga. Adatto, com’è a spettatori di ogni età, gusto e formazione. Quasi che l’universalità di Shakespeare sapesse caricarsi di un’universalità ulteriore e, in definitiva, più chiara. Repliche fino al 2 marzo.

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