L’OUTING DEL SEGRETARIO CGIL

Susanna Camusso a diciassette anni si faceva le canne, ha un ricordo intensissimo e nostalgico della sua «prima volta» (intendendo il primo sciopero che non si scorda mai) trova il collega Angeletti permaloso, Marchionne uno che quanto a tirarsela con la convinzione di sé non lo batte nessuno, il collega Bonanni segretario della Cisl un tipo con uno stile unico, e bontà sua non si candida al Quirinale ma candida invece la senatrice Finocchiaro. Parla insomma di sé e degli altri, della politica e della vita, come un essere umano e non come un guru. Pensiamo che vada notato e annotato non tanto e non solo per la qualità dei suoi giudizi, ma anche perché questi giudizi appartengono alla sfera della normalità e non della supponenza divina dei leader, sindacali o politici che siano.
La segretaria generale della Cgil era ieri ai microfoni di «Un giorno da Pecora» con Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro su RadioDue. Voglio spendere due parole su questa trasmissione che ha un tocco di follia ben organizzata e certamente il potere di far dire (quasi) a chiunque quel che pensa e quel che in genere non direbbe in sedi più paludate.
Il caso della Camusso è esemplare. Questa donna dimostra da sola quanto sia idiota la teoria delle quote rosa: ha fatto tutto da sé, si è fatta da sé e conta perché è brava e non per la questione del genere sessuale, quanto una persona – e non un uomo o una donna - conta a prescindere dal valore che ciascuno può dare liberamente alle sue opinioni.
Lo stesso dicasi sul fronte opposto della Marcegaglia, e anche della Fornero, e della citata senatrice Finocchiaro e di tante altre donne che sono dove sono perché, se vogliamo esprimerci con disgustoso linguaggio maschile ormai adottato anche dalle donne, hanno le palle. A noi francamente la questione sollevata da Napolitano circa la necessità di trovare una donna per il Quirinale ci sembra un’altra estensione delle quote rosa, nel senso che non occorre creare un bestiario di donne eccellenti per trasformarlo in una gabbia chiusa fra cui scegliere un esemplare di donna per il fatto che è donna, anziché un cittadino meritevole per dignità e capacità, quale che sia il suo sesso.
Insomma la Camusso ieri ci ha sorpreso e in modo positivo perché è scesa dal piedistallo della sua posizione istituzionale e si è umanizzata. Ricordo quando andai molti anni fa a intervistare Luciano Lama ormai sindaco di una cittadina umbra, quanto fosse ancora – e con ragione – sul piedistallo. Essere segretario generale della Cgil in Italia significa storicamente occupare non un ruolo sindacale, ma una posizione istituzionale. La Camusso, onestamente, non ci ha mai fatto pesare questo ruolo e meno che mai lo ha fatto ieri alla radio, quando ha accettato di giocare, di scoprirsi, di parlare anche in modo sentimentale esponendo le proprie emozioni non soltanto politiche ma anche umane.
Ammettere di essersi fatta le canne nell’adolescenza è in fondo una cosa da poco, visto che l’abitudine è sempre stata talmente diffusa da lasciar fuori veramente poche persone (fra cui chi scrive, ma soltanto perché le canne provocano uno stordimento, l’ultima cosa che desidero). Ma farlo espone comunque a critiche, a punture di spillo se non a pugnalate e dunque non possiamo che prendere atto di un certo coraggio della segretaria generale della Cgil.
Naturalmente la Camusso ha attaccato il governo sull’articolo 18 e questo è ovvio. Io sono fra quelli che pensano che quell’articolo vada cambiato proprio e soltanto per il suo valore simbolico – il simbolo di un’epoca conclusa – e che abrogare quel simbolo non renderà i lavoratori meno protetti, ma le aziende più appetibili per gli investitori stranieri. Ma si tratta di opinioni. La Camusso è legata sentimentalmente al suo tabù perché da ragazza quando fece il suo primo sciopero scese in piazza su questioni che riguardavano il lavoro. È umano, è ovvio. È umano e ovvio che speri in un no del Parlamento anche se sa che questo non avverrà, ma sarebbe stato curioso che non avesse ribadito le sue posizioni e le sue tradizioni.
Mentre la ascoltavamo ieri pensavamo anche che è un bene che questa difesa venga da una donna, proprio perché si tratta della difesa ragionevole, anche se molti la considerano sbagliata, di una questione di principio. I principi difesi dalle donne hanno un tenore meno ideologico e più sincero, più autentico e ci sembra che oggi il Paese abbia bisogno di autenticità, onestà nelle idee e nei comportamenti e quel tanto di fratellanza che si ritrova nei valori comuni anche se non sono sempre gli stessi, anche se la comunità dei sentimenti non esclude la separazione nella scelta degli obiettivi, nella valutazione degli effetti e nella scelta dei piccoli passi necessari per arrivare a compiere tratti di cammino lunghi.


Ci sembra insomma che, complice quello strumento onirico e sempre di moda che è la radio, Susanna Camusso abbia reso un buon servizio al suo ruolo e, pur mantenendo con fermezza il punto, abbia dimostrato che si può essere intransigenti senza essere necessariamente faziosi e isterici e questo ci ha rassicurato.

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