da Milano
Siamo alla presa in Giro. Sapete che cosè il Giro dItalia? Conoscete il Tour de France? Avete ben presente la Sanremo, la Roubaix, la Liegi-Bastogne-Liegi o il Lombardia? Bene, da qualche settimana per lUnione Ciclistica Internazionale queste sono corse di serie B. Loro, questi illuminati dirigenti mondiali, hanno deciso di escludere le grandi corse dal grande ciclismo, come pateticamente considerano ancora lormai morto circuito «Pro Tour».
Da tre anni è in corso un braccio di ferro stucchevole e ormai insopportabile. Da una parte lUci, il governo della bicicletta presieduto dallirlandese Pat McQuaid, dallaltra i tre grandi organizzatori, quelli di Tour, Giro e Vuelta. In mezzo i team di «Pro Tour», questo circuito delite che avrebbe dovuto lanciare il ciclismo nel mondo come la Champions League ha lanciato il calcio. Il problema è che lUci voleva in pratica scippare le più grandi corse del calendario (Giro, Tour, Vuelta, Milano-Sanremo, Roubaix, Liegi, Freccia e Lombardia) ai legittimi proprietari per rivenderle direttamente alle televisioni di mezzo mondo, da qui la reazione sacrosanta degli organizzatori.
Per farla breve in questi giorni siamo arrivati alla resa dei conti: i grandi organizzatori hanno deciso di uscire dal circuito «Pro Tour», che ora è molto più semplicemente una scatola vuota.
«Siamo tornati indietro di tre anni ha detto Beppe Saronni, manager della Lampre di Cunego -. Le corse che a noi interessano non fanno parte di un Pro Tour che oggi non ha più senso. La situazione è a dir poco ridicola».
«Noi usciamo dallUci ha rincarato la dose Zomegnan, che ha parlato anche a nome di Tour e Vuelta -. Le nostre corse saranno formalmente nazionali, ma è la storia che parla per loro. Non vogliamo più stare sotto il ricatto di un ente che sarebbe deputato a legiferare, non ad occuparsi di marketing».
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