«L’Ue non può rivendicare parità solo per le pensioni»

Il motto che ha scelto è: «Metà di tutto, dal condominio alla Consob». Già, perché Chicca Olivetti, milanese, imprenditrice della comunicazione, adesso si è intestata una nuova battaglia: un movimento culturale e di pressione, che rivendica la parità tra uomo e donna. Partendo da uno dei temi più attuali, l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne a 65 anni: «Non sono contraria – dice – è giusto andare in pensione più tardi, se lo fanno nel resto d’Europa. Ma non dobbiamo essere diverse in nulla. E invece l’Europa le altre differenze non le vede».
Quali differenze?
«Per prima cosa il welfare, se non c’è è impossibile per una donna fare carriera, moltissime dopo la prima maternità sono costrette a fermarsi. E poi non ci sono adeguati incentivi per i permessi parentali. Gli uomini non li prendono. E così tutto è sulle spalle delle donne, a scapito del lavoro. Le italiane lavorano due ore in più di tutte le altre donne europee, se teniamo in considerazione casa e figli. Ma l’Europa di questo non tiene conto».
Com’è nato il suo movimento?
«Tutto è partito poco più di un anno fa, quando si è cominciato a parlare dei 65 anni. Mi sono detta: “Vuoi vedere che ci impongono questo ma non le altre parità che in Italia mancano?”. Su Facebook ho scritto, quasi di getto: “65 anni sì, ma con onori e oneri”. Da lì è cominciato il dibattito, che adesso è diventato un blog. Ma la cosa più interessante è che il dibattito virtuale è diventato reale, con una serie di incontri in varie parti d’Italia e la nascita di coordinamenti regionali in Toscana, Umbria, Campania, Sicilia, Sardegna, Veneto e Lombardia. Stiamo crescendo».
E il passo successivo?
«Il movimento è apolitico e apartitico. L’obiettivo è far sì che in Italia cambi la cultura. Le donne non devono chiedere, devono agire. E questo lo sanno anche gli uomini: sono numerosi sul blog (www.lametaditutto.com), su Facebook («metà di tutto») sono il 40%, sanno anche loro che con più donne nella stanza dei bottoni molte cose cambierebbero in meglio. La situazione in Italia è desolante, in tutti i campi, dalla politica alle professioni: le donne rettore sono solo 5, i prefetti 15, nei Cda delle grande imprese siamo appena il 6,2%, più indietro di noi c’è solo Malta. In Italia noi donne siamo il 54%: e allora dobbiamo avere la metà di tutto».
Come si sta comportando il governo Berlusconi con le donne?
«Le ministre sono solo cinque, e appena due con portafoglio. La Carfagna alle Pari opportunità sta lavorando bene, la norma sullo stalking è stata una passo avanti importante. Ma c’è ancora molto da fare».


Cosa può incentivare la rappresentanza femminile?
«Deve cambiare la cultura. Le quote rosa sono superate, le donne non sono una specie protetta. E non serve neanche l’authority che giudichi le donne capaci. Ce n’è forse una per l’uomo? L’obiettivo è la parità vera, in tutti i settori».

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