L’Ue si mobilita per salvare l’islamico convertito

Scoppia un caso diplomatico. Fini a nome dell’Europa convoca l’ambasciatore a Roma ed è ottimista sull’esito della vicenda

Fausto Biloslavo

«Io sono cristiano e rimango cristiano», ha dichiarato davanti ai giudici di Kabul che lo accusano di apostasia Abdul Rahman, un cittadino afghano che rischia la pena di morte per aver abbandonato l’Islam. Sulla vicenda è intervenuto ieri il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, convocando l’ambasciatore afghano a Roma e incaricando la nostra rappresentanza diplomatica a Kabul di protestare con le autorità afghane. Non solo: l’Italia, che rappresenta l’Unione europea in Afghanistan, è pronta a fare un passo formale presso il presidente Hamid Karzai per chiedere con forza una moratoria delle condanne capitali in Afghanistan. In serata Fini si è detto ottimista: «Ho ragionevoli motivi per dire che la sentenza non verrà eseguita».
Abdul Rahman è un afghano di 41 anni, incriminato domenica scorsa da una Corte di Kabul per essersi convertito al cristianesimo. Rahman ha abbandonato l’Islam sedici anni fa, mentre lavorava come operatore umanitario in Pakistan per un’associazione non governativa di ispirazione cristiana, che aiutava i rifugiati afghani.
Dopo l’esperienza pachistana Rahman è andato a vivere in Germania e ha deciso di rientrare a Kabul solo nel 2002, in seguito al crollo del regime talebano. In rotta di collisione con la famiglia, cercava di ottenere l’affidamento delle due figlie, da sempre in custodia ai nonni materni. La vicenda è finita in un’aula di tribunale, dove lo scorso mese l’afghano è stato «tradito» dai suoi parenti. «Come potete dare queste bambine a un infedele», ha gridato il suocero. «Guardategli nella borsa, dove tiene una Bibbia». Non è chiaro se la Bibbia fosse proprio nella borsa o a casa di Rahman, dove si è svolta una perquisizione, ma in ogni caso l’uomo è stato subito arrestato.
Alla prima udienza Rahman ha ammesso di essersi convertito al cristianesimo. Il giudice Ansarullah Mawlavizada ha subito dichiarato che si tratta «di un attacco all’Islam. Non siamo contrari ad alcuna religione in particolare, ma in Afghanistan questo genere di cose è contro la legge». Il pubblico ministero Abdul Wasi ha offerto all’imputato di cancellare l’accusa di apostasia a suo carico se fosse tornato musulmano. La risposta di Rahman è stata chiara: «Io sono cristiano e rimango cristiano».
A questo punto il procuratore ha annunciato che l’imputato dovrebbe essere condannato a morte in base alla Costituzione afghana, secondo la quale nessuna legge può «essere contraria ai sacri principi dell’Islam». Non è chiaro se la pena capitale sia già stata chiesta formalmente dal pubblico ministero o addirittura emessa dalla Corte, perché ieri a Kabul si festeggiava il Capodanno afghano e tutti gli uffici erano chiusi. Si tratta del primo caso del genere nell’Afghanistan post-talebano, nonostante tre giornalisti siano già stati accusati di apostasia per aver insultato l’Islam sulle loro testate, ma infine assolti o condannati a pene lievi perché avevano ritrattato.
Una sentenza di morte per apostasia sarebbe ancora più imbarazzante per l’Italia, che guida la riforma della giustizia afghana. L’ex capo della Dia, Giuseppe Di Gennaro, ha già redatto un codice di procedura penale semplificato in collaborazione con le autorità di Kabul. Fino al 2004 abbiamo stanziato per la giustizia afghana 25,6 milioni di euro e formato 450 giudici, molti dei quali hanno svolto dei corsi in Sicilia.
Ora che l’Italia rappresenta a Kabul l’Unione europea al posto dell’Austria, si stava preparando un passo formale presso il presidente afghano Hamid Karzai per una moratoria delle condanne capitali. Tra queste le sentenze di morte emesse nei confronti di Zar Jan, Abdul Walid e Reza Khan, gli assassini della giornalista italiana Maria Grazia Cutuli, uccisa nel 2001 e Timor Shah, il rapitore di Clementina Cantoni.
Il via all’ondata di proteste per il rischio della condanna a morte al cristiano Rahman è partito con una lettera aperta al Corriere della Sera dell’ex capo dello Stato, Francesco Cossiga, che chiede addirittura il ritiro delle truppe italiane in Afghanistan.
Ieri il ministro degli Esteri Fini «ha disposto la convocazione dell’ambasciatore dell’Afghanistan a Roma dando istruzioni all’ambasciatore italiano a Kabul di compiere un analogo passo presso le autorità afghane». Inoltre la nostra ambasciata convocherà i capi missione a Kabul dell’Unione europea e verrà anche investito il gruppo di esperti Ue sui diritti umani. Assieme a Fini anche la Germania ha annunciato un intervento su Karzai.

«Faremo tutti gli sforzi possibili per salvare la vita di Abdul Rahman - ha dichiarato ieri il ministro tedesco per gli aiuti allo sviluppo, Heidemarie Wieczorek-Zeul -, La libertà di religione deve valere per tutte le persone del mondo».

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