L’Uefa minaccia: «G14 fuori dalle coppe»

«Il calcio non è un circolo chiuso: o accettate le regole o vi cacciamo». Bettega risponde a Platini con un’amnesia: «Se ha giocato in nazionale lo deve alla Juve»

Riccardo Signori

Ora è guerra aperta. Uefa e Fifa passano al contrattacco e dicono ai signori del G14: o accettate le nostre regole (sette comandamenti messi puntigliosamente per iscritto) o siete liberi di andarvene. Ovvero: rischiate l’esclusione dalle coppe. L’affaire da 860 milioni di euro si gonfia e non solo perché si parla di una montagna di danari. Se tutti andassero dritti per la loro strada, il G14 in quella lastricata soltanto di danari e business, Uefa e Fifa in quella lastricata degli interessi delle nazionali, la spaccatura sarebbe garantita. In mezzo i giocatori, che si debbono sobbarcare stagioni pesantissime di impegni.
Riepiloghiamo un attimo. Il G14 è la confraternita composta dai 18 club più potenti d’Europa: Juve, Milan, Inter, Real Madrid, Ajax, Liverpool, Bayern Monaco, Barcellona, Manchester U., Borussia Dortmund, Psv, Porto, Marsiglia, Paris Saint Germain, Arsenal, Bayer Leverkusen, Lione, Valencia. E, appunto, lor signori dichiarandosi parte civile, nel processo che vede lo Charleroi chiedere alla Fifa un risarcimento di 615mila euro per l’infortunio di un suo giocatore marocchino con la nazionale, hanno allungato alla medesima una richiesta di indennizzo di 860 milioni per gli ultimi dieci anni in cui loro giocatori sono stati nelle nazionali. Blatter, il presidente Fifa, si è messo subito l’elmetto. «Questa è una bomba lanciata contro il calcio. Ed ora questo mondo rischia di crollare per colpa di una ristretta élite». Vero, ma il G14 chiede attenzione alle ragioni dei club, che rischiano miliardi sui giocatori.
A fronte di tutto questo il congresso Uefa ha preso posizione ed emesso le tavole dei 7 comandamenti che, in sintesi, dicono: 1) Il calcio cambia di continuo ma non perde di vista i suoi valori. 2) Il calcio non è un circolo chiuso nel quale solo i club più ricchi e potenti sono invitati al tavolo. L’Uefa non tollera che i piccoli club non possano inseguire i loro sogni. 3) Il football non è solo questione di soldi, non è solo business. 4) Esiste la regola per cui i club debbano mettere i giocatori a disposizione delle nazionali: per un atleta questo è il più grande onore. E ogni nazione deve avere la chance di partecipare a Europei o mondiali. 5) Un gruppo autoreferenziale di club è teso a tutelare solo i propri interessi, dettando condizioni agli altri. Uefa e Fifa lavoreranno per difendere le proprie regole. 6) La Uefa difenderà anche natura aperta e marketing della Champions league e non chiuderà le porte ai piccoli club, come vorrebbe questo gruppo di grandi società. 7) L’Uefa non si metterà sulla strada di chi vuol lasciare la sua famiglia e non condivide i suoi valori. I nostri principi sono scolpiti nella pietra.
Lars Olsson, direttore generale Uefa ha tirato la conclusione: «D’ora in poi potremmo condizionare gli inviti alle nostre competizioni al fatto che le squadre accettino senza riserve i nostri principi». Il G14 ha risposto per le rime: «Le minacce sono solo un tentativo di difendere la posizione delle federazioni, non c’entrano con le effettive questioni alla base del contenzioso. Qualcosa deve cambiare nelle regole del gioco». Il gioco, appunto, si fa duro.
A margine del tormentone la risposta di Bettega a Platini. Michel aveva osservato: «Chissà cosa avrebbe detto Bettega se la Juve gli avesse impedito di giocare in nazionale». Risposta del dirigente: «Se Platini è arrivato in nazionale lo deve alla Juve».

Dimenticando che Platini ha giocato i mondiali 1978 e 1982 senza essere ancora alla Juve. Anzi Bettega ha giocato, e pure perso, contro la Francia guidata da Platini (a Napoli segnò un gol). Insieme al rinnovo del contratto, serve un antiossidante della memoria.

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