L’ufficio col cuore a sinistra avaro con le vittime e generoso con l’Ingegnere

MilanoLa battuta più esilarante la firma l’avvocato Rosario Alberghina, civilista di lungo corso: «La decima sezione ha il cuore a sinistra e il portafoglio a destra». La decima sezione civile del Tribunale di Milano è diventata improvvisamente famosa perché un suo giudice, anche se ormai con un piede già fuori, Raimondo Mesiano, ha confezionato la sentenza che condanna la Fininvest a risarcire alla Cir l’astronomica cifra di 750 milioni di euro.
Per carità, la farina è tutta del sacco di Mesiano, ma ora al bar del palazzo di giustizia, fra un caffè e un aperitivo, molti legali si chiedono da dove siano piovuti quei 750 milioni. «Il fatto è - spiega Alberghina - che non trovano riscontro, o almeno un’eco, in decine di sentenze della stessa sezione: io e gli altri colleghi siamo abituati a ben altre cifre. Molto, molto più basse. E a riflessioni, come dire, misurate al centesimo». Certo, è difficile azzardare paragoni fra situazioni completamente diverse e poi, figurarsi, la guerra di Segrate è stata un unicum nella pur complicata storia italiana, ma qualche esempio può aiutare a capire. «Una bambina - prosegue Alberghina - cade in una grata mal chiusa mentre cammina sul marciapiede in un comune dell’hinterland e i suoi genitori fanno causa al comune. La decima boccia l’istanza e addirittura condanna la sfortunata famiglia a pagare tutte le spese. In un altro caso in cui era in ballo un risarcimento importante, ho portato di persona il cliente in carrozzella. Ma i giudici hanno detto che senza perizia non ci sarebbe stato alcun indennizzo anche se il poveretto era in aula, sotto i loro occhi».
Inutile insistere, si potrebbe comporre una collana di situazioni quotidiane, incidenti, disgrazie in cui il Tribunale ha risarcito col contagocce. Fino al verdetto berlusconiano che sballa tutti i conteggi e tutte le prospettive. E che innesca, al bancone del bar altri calcoli: per i danni non patrimoniali il giudice Mesiano rimanda ad un altro procedimento. E piovono altri zeri: se qui siamo arrivati a 750 milioni per il resto a quanto si salirà? A un miliardo? O ancora più in alto?
Il presidente della sezione, Bianca La Monica, ha fama di giudice di sinistra: «Lo è sempre stato - spiega Jacopo Pensa, uno dei più noti penalisti milanesi - e aggiungo che è un magistrato serio preparato, competente. Giocando sulle suggestioni si potrebbe dire che Bianca La Monica è la Nicoletta Gandus del civile». Dove Nicoletta Gandus è il giudice con cui Berlusconi ha polemizzato, ricusandola infine nel processo Mills, e definendola un «avversario politico».
«Però - riprende Pensa - il paragone vale fino a un certo punto perché Bianca La Monica è persona più riservata, molto meno esposta della Gandus che invece ha partecipato a manifestazioni e firmato appelli». E in ogni caso, il presidente non c’entra niente con il verdetto del collega. Semmai, se ha un punto in comune con Mesiano è che anche lei a breve dovrebbe andarsene, in Corte d’appello, ma questo fa parte della geografia giudiziaria, dei traslochi periodici delle toghe, delle carovane che ritmicamente attraversano i tribunali generando discussioni, domande gossip.
Alla decima lavora anche un figlio d’arte, Andrea Borrelli, rampollo del leggendario Francesco Saverio Borrelli, il kaiser di Mani pulite, il Pm del «resistere, resistere, resistere», il Procuratore che lanciò nell’empireo Di Pietro e poi, chiusa la stagione di Tangentopoli, ruppe con lui. Ma Borrelli junior per ora resiste alla sua scrivania e dà lustro al cognome con il rigore del tecnico.
La decima è un mix classico del sistema ambrosiano: molto cuore e molto cervello. Passione e intelletto. Fino ad oggi i giudici erano noti per essere contenuti, anzi tirati con le vittime. Si racconta di un caso limite: un uomo che al cimitero trovò la tomba del padre aperta e sbigottito osservò la salma addirittura fatta a pezzi per l’incuria criminale dei custodi. Alla decima il suo choc fu valutato duemilacinquecento euro. Un’elemosina o poco più.

Poi arrivata la vittima più controversa della storia giudiziaria italiana, Carlo De Benedetti, hanno scalato quota settecentocinquanta. Come sempre sarà la Corte d’appello a pesare lo spessore del provvedimento. Per ora non resta che registrare l’anomalia del verdetto: più che una sentenza sembra una manovra finanziaria.

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