L’ultima ecoballa? Il pianeta devastato dalla carta igienica

Dottor Granzotto, se mai non l’avesse letto le segnalo l’articolo di Alessandra Farkas comparso sul sito del Corriere della Sera. A lei il commento.
e-mail
.
Eccolo: rob de matt. Quanto Alessandra Farkas ha riportato sul sito Internet del Corriere è un preclaro esempio della bischeraggine ambientalista. In quanto alle considerazioni finali, be’, lasciamo perdere. «Le nostre foreste nello sciacquone», questo il titolo - è ovvio che mi rivolgo ai lettori ignari - già eloquentemente bischerrimo, del pezzullo in questione. Vi si riporta una indagine del WorldWatch Institute, «una delle più autorevoli (e ti pareva!) organizzazioni ecologiste americane». Bon, afferma l’autorevole consesso che l’equivalente di quasi 270mila alberi sotto forma di carta finisce ogni giorno o nelle discariche, salvo un dieci per cento - rappresentato dalla carta igienica - che va invece a finire negli sciacquoni delle nostre toilette. Un risultato, annota Farkas, «a dir poco sconcertante», un «trend pericoloso» determinato «dal boom demografico nei paesi in via di sviluppo, che adottano stili di vita occidentali con una velocità sempre più frenetica». A questo punto Farkas non rinuncia a sottolineare che a trarre vantaggio da tutto ciò sono le multinazionali - e quando si dice multinazionali si dice il demonio - «incuranti di mettere a repentaglio le foreste nel Nord e Sud del mondo». Come dire che se Tizio muore per un colpo d’arma da fuoco, in galera ci finisce non chi ha sparato, ma la sua rivoltella.
Andiamo avanti: alle demoniache multinazionali che propongono la creazione di nuove piantagioni «come panacea» per avere a disposizione quantità illimitate di materie prime, Noelle Robbins, l’autrice dello studio di WorldWatch, risponde che il rimedio potrebbe essere peggiore del male. «Questo tipo di monocultura finisce quasi sempre per soppiantare la flora e la fauna indigene (augh!)», mette in guardia la studiosa, «oltre a richiedere pericolose quantità di pesticidi e fertilizzanti chimici, minaccia di esaurire le già scarse risorse idriche». E allora? E allora, prosegue Robbins, è necessario non solo indirizzare all’uso di prodotti riciclati, ma a «considerare alternative alla carta igienica, quali il ritorno all’acqua e sapone». Vista la pratica igienica della quale si discute, non saremo certo noi a entrare nel merito e meno che mai a suggerire altre opzioni, fermo restando che un ritorno, ma anche la semplice andata all’acqua e al sapone è sempre la benvenuta. Non però per Farkas, che deve essere della scuola di pensiero che fa capo a Fulco Pratesi (quello che tira lo sciacquone una volta la settimana, si fa la doccia una volta al mese e si cambia la biancheria a ogni volgere di stagione). «Visto che le fonti idriche sono sempre più a rischio», ne conclude «forse sarebbe meglio enfatizzare l’importanza di politiche nazionali e internazionali per il controllo delle nascite. Il vero problema è che siamo davvero troppi». In pratica: per non mettere a repentaglio le foreste del Sud e del Nord del mondo (ma mettiamoci pure quelle dell’Est e del’Ovest, va’), la cosa migliore da fare è di estinguere la razza umana. Via quella, via la carta igienica.

Via la carta igienica, il mondo è salvo (che ne dice, caro Caron, dopo quello assegnato a Al Gore un altro bel Nobel per la Pace a Alessandra Farkas mica sarebbe sbagliato, no? In fondo, sebbene elaborata su principi scatologici, caldeggiando l’estinzione della specie umana ella indica la via più certa per l’affermazione del pacifismo universale. Come non averci pensato prima...).

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica