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L’ultima lezione di Jean Lescure, il poeta filosofo che inventò l’Oulipo

L’ultima lezione di Jean Lescure,  il poeta filosofo che inventò l’Oulipo

Il prossimo 24 novembre l’Oulipo compirà 45 anni ma è ancora un baldo giovane. L’Oulipo non è una persona, non è un’istituzione, non è un museo, non è una scienza. Però, a pensarci bene, è anche un po’ di tutto ciò. È una persona perché furono sette persone a crearlo. È un’istituzione perché rappresenta un autentico genere letterario. È un museo perché, proprio come le sale di un museo contengono i frutti dell’ingegno di pittori e scultori, l’Oulipo «contiene» opere di fantasia. Infine, è una scienza, la scienza delle parole «clonate», delle parole che s’attraggono e si respingono come molecole. Insomma, l’Oulipo, acronimo che sta per «Ouvroir de Littérature Potentielle» (Laboratorio di Letteratura Potenziale), è una strana creatura proteiforme, che sai da dove inizia ma non sai mai dove andrà a finire. E Jean Lescure era uno dei suoi sette papà.
Il 24 novembre 1960 è la data fatidica. A Parigi, nella cantina del «Vero Guascone», si riuniscono sette amici, sette «guasconi» della parola. Con Lescure ci sono François Le Lionnais, Raymond Queneau, Jacques Bens, Claude Berge, Jacques Ducheteau e Jean Queval (poi al gruppo si sarebbero uniti altri autori come Jacques Roubaud, Georges Perec e Italo Calvino...). Sono lì per celebrare il battesimo del loro figlioletto, nato da un’idea semplicissima. Secondo quei pionieri della letteratura potenziale, l’ispirazione di ogni opera composta da parole (poesia, racconto, romanzo, saggio...) si adatta a una serie di procedure e costrizioni, siano esse grammaticali, lessicali o di struttura. Ebbene, visto che tali costrizioni sono alla base di ogni forma di letteratura, perché non ampliarne il numero e mutarne le forme per vedere che cosa succede? «Gli scrittori oulipiani - dice Queneau con eccellente sintesi - sono dei topi che costruiscono da sé il labirinto da cui si propongono di uscire». Ecco allora scatenarsi una pioggia di «lucchetti», «rimbalzi statistici», «plagi per posticipazione o per anticipazione», «slittamenti proverbiali», «anagrafie», «acronimi elogiativi», «mitografemi».
«Nel metodo dell’Oulipo - scrive Raffaele Aragona nell’introduzione a Oplepiana. Dizionario di Letteratura Potenziale uscito tre anni da da Zanichelli (Oplepo è il nome italiano dell’Oulipo) - in primo luogo conta la qualità delle regole, la loro ingegnosità ed eleganza; se a esse corrisponderà subito la qualità dei risultati ottenuti, tanto meglio; in ogni caso l’opera sarà un esempio delle potenzialità raggiungibili attraverso la strettoia di quelle regole». L’Oulipo è questo: un gioco, ma molto serio, come i suoi sette papà.
Lescure, per esempio. Dopo aver studiato filosofia alla Sorbona, fu collaboratore dell’epistemologo Gaston Bachelard. E proprio le nozioni di epistemologia divennero una delle caratteristiche più originali della sua produzione poetica. Nel 1938 aveva fondato la rivista poetica Messages che, durante l’occupazione nazista, sostenne la resistenza. Il poeta ha raccontato la storia di quella singolare rivista nel libro Poesia e libertà pubblicato nel 1998. Sempre su Messages Bachelard pubblicò il saggio Instant poètique et instant mètaphysique. Particolarmente attento alle arti visive, nel 1955 Lescure fu uno dei fondatori dell’Associazione francese delle sale di cinema d’arte e d’essai. E per circa un decennio fu anche presidente dell’associazione che si batteva per lo sviluppo del cinema d’essai. In fondo il cinema è una grande illusione.

Come la parola.

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