L’ultima di Prodi: senza cervello chi va in piazza

Laura Cesaretti

da Roma

Le critiche contro la sua Finanziaria a Romano Prodi non vanno proprio giù, e le manifestazioni di piazza ancor meno. E così il premier attacca a testa bassa quella organizzata dalla Casa delle libertà per il prossimo 2 dicembre, e chi ad essa parteciperà: «Una protesta costruita sul nulla», anzi peggio: una manifestazione «di basso livello», che «viene fatta perché pensano valga la pena di usare la spallata». Ma è inutile, avverte: «La spallata finora non è servita assolutamente a nulla, e lo si è visto in Senato».
È sprezzante, il premier: recupera la nota (e poco apprezzata) frase sul paese «impazzito» e la rilancia con dovizia di particolari culinari: «Non l’avevo detto a caso, è come la maionese impazzisce quando l’olio e l’uovo si separano. Così, nel paese ognuno pensa ai propri interessi, senza capire che bisogna andare avanti in maniera congiunta», nel senso dell’uovo e dell’olio. Per organizzare la protesta anti-Finanziaria del 2 dicembre, denuncia, «stanno usando una dovizia di mezzi economici impressionanti, ma se continuano con i gadget allora vuol dire che non hanno proprio nulla di meglio. Siamo arrivati a un livello di espressione abbastanza basso».
Assieme ai ceffoni, però, arriva anche una carezza, sia pur a doppio taglio: «Mi fa piacere - dice Prodi - che l’Udc non aderisca alla manifestazione: è la prova che è costruita sul niente». Poi si affretta ad aggiungere: «Questo non vuol dire che si cambia formula di governo, ma solo che nell’opposizione c’è anche qualcuno che usa un po’ di cervello». Il presidente del Consiglio coglie al volo l’occasione per cavalcare le divergenze interne al centrodestra, cercando di insinuare un cuneo e di allargare il fossato che separa Pier Ferdinando Casini da Silvio Berlusconi e il resto della Cdl. Se ne rende conto anche l’Udc, che restituisce al mittente la «polpetta avvelenata» dei complimenti di Palazzo Chigi.
A sera, però, Romano Prodi si rende probabilmente conto di aver calcato un po’ troppo la mano contro i cittadini intenzionati a dir la loro contro la Finanziaria in una manifestazione che - lui stesso lo annuncia mettendo le mani avanti - sarà presumibilmente affollata: «Il 2 dicembre ci sarà parecchia gente in piazza. Ma sono sicuro che fra sei mesi cambieranno idea, perché il Paese comincerà a crescere». E rivendica anche l’impopolarità che la manovra gli ha riversato in capo: «Fare politica - spiega - non vuol dire pensare al giorno dopo, e se uno incomincia pensando già al giorno della sua rielezione è meglio che cambi mestiere».
Quindi ben vengano i malumori popolari di oggi, che a suo parere potrebbero diventare addirittura il viatico per un terzo mandato prodiano a Palazzo Chigi: «È più facile che venga rieletto uno che prima scontenta ma che poi fa vedere i risultati», dice, lasciando intravedere il sogno di eguagliare il record di uno statista del calibro di Blair.
Oltre agli attacchi dell’opposizione, però, ci sono state anche le critiche della sua stessa maggioranza. E a Prodi non sono andate giù nemmeno quelle, come sottolinea tirando le orecchie (senza nominarli) a molti alleati anche ministri: «Certo qualche dichiarazione in meno avrebbe molto giovato a questo governo», fa notare con una certa acidità, «se ne avessero fatte un ventesimo di quelle che hanno fatto sarebbero già state troppe». Ma «ognuno ha voluto fare il fenomeno, la prima donna, come spesso accade in politica». Staffilati così i compagni di strada troppo loquaci e ansiosi di fargli ombra, Prodi torna ad ammettere che «abbiamo fatto degli errori di comunicazione», ma «una cosa sono le schermaglie verbali, un’altra il testo definitivo della manovra», che secondo il premier «non è cambiato nelle sue fondamenta rispetto alle linee tracciate da me a fine agosto». Evidentemente anche i proclami di chi nella sua maggioranza assicura che la manovra uscirà profondamente rinnovata dal Parlamento non gli sono piaciuti.

Gli «errori di comunicazione», precisa comunque, sono stati dovuti in sostanza ad un suo eccesso di fair play: «Io e Padoa-Schioppa siamo stati troppo signori presentando la finanziaria, non abbiamo messo il paese di fronte alla situazione drammatica in cui si trovava, non abbiamo promesso miracoli ma cose serie».

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