Rimini«Assolto perché il fatto non costituisce reato». La Cassazione dà ragione a Fabio Carlino, il talentscout di modelle accusato di aver provocato la morte di Marco Pantani vendendogli cocaina purissima. In primo e secondo grado, il trentenne era stato condannato a quattro anni e mezzo, 19mila euro di multa e al risarcimento di 300mila a favore della famiglia Pantani. «È la fine di un incubo» confessa lui tramite i suoi avvocati. «Considero però una vergogna civile il fatto che, dopo e nonostante il verdetto della Cassazione che ha accertato la mia totale estraneità anche in relazione allo spaccio, i media continuino a parlare di me come di un pusher.
Per la morte del «Pirata», dunque, solo due condannati, gli spacciatori napoletani Fabio Miradossa e Ciro Veneruso, che avevano scelto la via del patteggiamento, rimediando rispettivamente quattro anni e 10 mesi e tre e 10 mesi.
Marco fu ucciso da un mix di droga e farmaci chiuso nella stanza di un residence la notte di San Valentino del 2004. S si era già sentito male un mese e mezzo prima, quando un barman peruviano, Alfonso Queva, gli cedette una dose di cocaina e per quel reato fu condannato a un anno e 11 mesi.
Con Miradossa e Veneruso, Carlino era accusato di spaccio di droga in concorso e morte come conseguenza di altro reato, ma mercoledì nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale della Cassazione Oscar Cedrangolo aveva criticato i verdetti precedenti: «Ho la sensazione che la spettacolarizzazione dei media, sulla morte di Pantani, abbia spinto i giudici a una attribuzione di responsabilità eccessiva nei confronti degli indagati». Per questo aveva chiesto l'annullamento della parte più pesante della condanna per Carlino, chiedendo la conferma solo per il reato di spaccio, mentre la sesta sezione penale della Cassazione le ha cancellate entrambe. «Mancano prove a carico dell'imputato - spiegava nell'arringa -, non aveva comunicato ai due complici il domicilio di Pantani, né sapeva che il campione di ciclismo fosse stato salvato per un pelo da un'altra overdose».
La difesa di Fabio Carlino è molto soddisfatta, premiata dalla scelta di evitare il patteggiamento, proseguendo la battaglia legale. «La Cassazione è totalmente slegata dalla emotività da cui sono spesso assaliti i giudici di merito - spiega l'avvocato Alessandro Gamberini -, ha emesso un verdetto più equilibrato che conclude questa vicenda triste. Non si può più parlare di Carlino come di uno spacciatore». Una sentenza che però fa infuriare la madre di Marco, Tonina Belletti, che aveva sempre considerato il figlio vittima di una cospirazione. «È una vergogna, non cè giustizia, anzi, è stata fatta ancora una volta dell ingiustizia, quanto accaduto è incredibile. In Italia si possono rovinare le persone e poi farla franca. Eravamo certi di vincere, ma io non mi abbatto. Cè stato un primo grado del processo - ha aggiunto la signora Tonina - in cui si è iniziato a comprendere chi poteva essere il colpevole, poi tutto è stato confermato in Appello, mentre la Cassazione ha finito per dire il contrario». Durissimo anche Paolo Pantani, il padre del ciclista. «Prima hanno distrutto Marco, ed ora vogliono distruggere anche noi. È evidente che sotto questa tragedia cè qualcosa di poco chiaro.
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