L’ultimo giorno di Marta, la prima donna sindaco

Sono le 12.22 di ieri. Marta Vincenzi, primo sindaco donna nella storia di Genova, lascia lo scranno più alto della Sala Rossa. Non ci metterà mai più piede. Avrebbe voluto, ma i compagni non l'hanno più voluta. Dopo la batosta alle primarie e il silenzio scelto nelle ultime settimane, dice: «Adesso mi riposo un pochino. È troppo presto per dire se mi candiderò alle elezioni politiche. Sicuramente, dopo le amministrative, tornerò nell'arena a dare battaglia per la mia città. Non sono un personaggio che ha finito il suo percorso. Dalla politica non mi ritiro». Approvato il rendiconto 2011, a Tursi finisce l'era della preside della Valpolcevera dopo il decennio Pericu. Super Marta tiene a stento la lacrimuccia, ma dal microfono non tralascia la dura critica a taluni mass media e al recente «gioco al massacro» sui consiglieri comunali: «Voi non siete così, siete persone per bene. È vergognoso che parte della stampa abbia fatto scempio del vostro lavoro. Sono indignata per le operazioni di discredito». Applausi. Scatti in piedi. Il florilegio di strette di mano, complimenti, baci e abbracci. Da destra a sinistra: «Rispetto a quelle della storia di governo degli ultimi 20-25 anni, l'impronta della nostra amministrazione è stata di discontinuità. Siamo capitati in mezzo a una crisi senza precedenti. Siamo però riusciti a sistemare bene il bilancio».
«Genova è uno dei comuni più indebitati d'Italia - hanno replicato Matteo Campora e Stefano Balleari (Pdl) - perché abbiamo un disavanzo sul 2011 di 24 milioni e uno stock di debito superiore a 1,3 miliardi di euro.

La giunta Vincenzi ha finalmente accolto il nostro pressing per il contenimento al minimo della tassa sulla casa. Un'iniziativa presa a livello nazionale dal Tea Party e in Liguria dal coordinatore Ettore Gromi. La formale raccomandazione del vecchio consiglio alla futura giunta, è quella di mantenerla al 4 per mille».

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