L’incubo di Monti è quello di rimanere arenato nell’europantano e di dover constatare che i «compiti a casa», già durissimi, sono serviti a poco. I mercati per ora guardano con scetticismo al vertice di Bruxelles tra i capi di Stato e di governo, iniziato ieri sera con una cena e destinato a protrarsi per tutto oggi e forse anche oltre. Il pollice verso è arrivato con il segno meno di tutte le borse in Europa e con lo spread italiano tornato a sfondare quota 444. Un disastro. A nulla è servita la decisione della Bce di tagliare i tassi di altri 0,25 punti percentuali.
Così il nostro premier s’infila nel conclave che dovrebbe salvare l’euro, constatando la babele di posizioni differenti. Prima di arrivare a Bruxelles, il premier incontra a Milano il segretario al Tesoro Usa Tim Geithner al quale mostra gli sforzi fatti dal nostro Paese. «Stiamo lavorando per rafforzare i meccanismi di firewall finanziario», annuncia l’americano. E Monti aggiunge: «Abbiamo discusso di come la più ampia scacchiera della finanza internazionale, con sede nel Fmi, possa avere un ruolo per far funzionare in modo armonioso l’intero mosaico». Tradotto: le banche centrali potrebbero contribuire ad aumentare la dotazione del Fondo monetario in modo che possa intervenire a comprare titoli degli Stati in difficoltà. Così, mentre non ci si mette d’accordo sul tipo di ombrello da azionare nei confronti della tempesta speculativa che sta investendo l’euro, inizia la cena del «dissenso» con tanti nodi sul tavolo. Uno è quello relativo alla riforma dei trattati che tanto sta a cuore a Frau Merkel e, al traino, al presidente francese Sarkozy. Al duo interessa piantare paletti rigidissimi sul rigore dei conti pubblici: pareggio di bilancio per tutti e sanzioni a chi sgarra. Il dilemma è: si procede tutti e 27 assieme oppure no? La strada è lunga e soprattutto impervia perché basterebbe un «no» nella ratifica di uno degli Stati membri per far saltare tutto. E la Gran Bretagna ha già messo le mani avanti: «Voglio esser sicuro che avremo un buon risultato per noi», ringhia il premier Cameron annunciando che non avrebbe esitazioni a porre il veto a un Trattato a 27. Tranchant: «Il vertice è come una partita a scacchi con 26 avversari, non uno solo». E arricciano il naso pure la Finlandia e la Svezia. Un pasticcio. L’altra strada, sponsorizzata dalla Merkel, sarebbe quella di un trattato intergovernativo a 17 tra i Paesi dell’euro, aperto successivamente agli altri. Un accordo che prevede: la regola d’oro di inserire in Costituzione il pareggio di bilancio; l’obbligo di informarsi reciprocamente prima di ogni emissione di titoli di Stato; l’impegno a non bloccare le sanzioni proposte dalla Commissione qualora un Paese non rispetti i vincoli su deficit e debito. Ma di fronte a questa ipotesi, un’Europa a due velocità, sono in tanti a sdegnarsi. La Polonia, per esempio: «L’Europa è di 27 Stati, non di 17 o 17+». Insomma, un caos.
Monti, sul tema, preferirebbe un accordo a 27 ma arrivandoci con metodo comunitario. Tradotto: bene il rafforzamento della governance ma con il parallelo rafforzamento delle istituzioni Ue. Che abbia più potere Bruxelles rispetto al duo franco-tedesco. Ma mentre l’Europa si ingarbuglia e non sembra trovare il bandolo della matassa, il premier trema.
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