Roma - Una mano ai tifosi, uno sgambetto alla squadra. Tra le tante intercettazioni di Luciano Moggi finite nell’inchiesta napoletana sul calcio sporco, alcune sembrano indicare una curiosa schizofrenia nei suoi rapporti con la capitale. Non amato dalla Roma calcistica, l’ex diesse bianconero mostra invece sentimenti contrastanti verso la Città eterna. Promettendo interventi in favore di un ultrà inibito dallo stadio, ma anche cercando di «soffiare» il brasiliano Mancini ai giallorossi.
C’è una sorprendente telefonata a Lucianone del giornalista sportivo Giorgio Tosatti, recentemente scomparso, nella quale quest’ultimo imputa all’interlocutore di «pagare» alcune delle trasmissioni radio della Roma, per essere così risparmiato dalle critiche. È il 18 settembre 2004, e il giornalista chiede a Moggi se ha un contatto in questura a Roma per ottenere la registrazione di una trasmissione radiofonica che lo avrebbe offeso per il contenuto di un suo articolo, in modo da poter querelare il conduttore. Tosatti: «(...) Naturalmente avendo scritto che quello che è successo all’Olimpico è il frutto di una cultura che si è sviluppata negli ultimi anni a Roma, sempre di vittimismo, complotti, un’informazione drogata dai giornali e dalle radio private eccetera, adesso ho tutta questa gente contro (...) il Romanista mi ha fatto un pezzo violentissimo, l’ho querelato, e sulle radio private mi dicono - perché non le ascolto - che il tuo amico Marione (Mario Corsi, conduttore di una nota trasmissione radio sulla Roma, ndr) avrebbe fatto l’altra mattina un attacco violentissimo anche molto minaccioso... sappiamo dove abita eccetera eccetera, e allora...»; Moggi: «Chi lo ha fatto, a me l’attacco?»; T.: «No, a me... a Giorgio Tosatti... a te non ti tocca nessuno»; M.: «Ma chi, Marione?»; T.: «Sì, ma tu li paghi! Quindi perché dovrebbero attaccarti? Invece io sono attaccato, ma questo non è che mi spaventa».
Ma la stessa informativa dei carabinieri tratta anche del rapporto tra Moggi e «il capo ultras dei tifosi romanisti Fabrizio Carroccia (detto “er Mortadella”)». Mentre nel 2004 la procura di Torino intercetta il diesse bianconero, Carroccia ha avuto l’interdizione dagli stadi con obbligo di firma. E «chiede quindi l’intervento di Moggi affinché quest’ultimo interceda nei confronti di un non meglio identificato dirigente superiore del Basili (un poliziotto, ndr) per ottenere la revoca del provvedimento». Il tifoso e il diesse si parlano ben tre volte, il 13, il 14 e il 16 settembre, perché Moggi non riesce a contattare il dirigente della polizia che dovrebbe intervenire, come si capisce già dalla prima telefonata. Carroccia: «Ma ci hai parlato?»; Moggi: «No, no»; C.: «Mamma mia»; M.: «Qualcuno gli ha detto che gli telefono per te»; C.: «Io ti devo dire la sincera verità, non lo so, Fabio non glielo ha detto perché insiste a dirmi guarda, l’unico che ti risolve questa cosa è Luciano (...)». Alla fine Moggi parla con il «contatto», dice al tifoso romanista che «mi sa che c’è da far poco» ma promette di andare in questura a parlarci di persona il 20 settembre, Carroccia lo ringrazia («Luciano metticela tutta, sto nelle tue mani»), ma per i carabinieri «non emergono telefonate che attestino l’effettivo intervento di Moggi».
A Lucianone, però, della Roma non piacciono solo i tifosi, ma anche qualche calciatore. Come Amantino Mancini. Dalle intercettazioni emerge che nell’estate 2004 c’era stato un tentativo per portare in bianconero l’esterno sinistro brasiliano, con tanto di «tour promozionale» a Torino, sfumato perché il calciatore «non voleva fare quel discorso lì», osserva enigmatico l’agente Fifa Mino Raiola, in una delle due telefonate con Moggi «spiate» il 22 settembre di tre anni fa. Moggi: «Gilmar (Veloz, manager del brasiliano, ndr) è procuratore di Mancini, il giocatore della Roma?»; Raiola.: «No, no, perché? Però lo facevano prendere»; M.: «È andato. Ha firmato i quattro anni oggi alla Roma»; R.: «E non ha voluto stare con noi, dice che ha paura, lascialo stare, ha paura! Non voleva fare quel discorso lì».
Raiola telefona a Veloz e poi richiama il diesse. Raiola: «Allora, sta a sentire, Mancini è stato due giorni con Emerson a Torino, il 31 luglio mi sembra, quando siamo stati in preparazione. Gli abbiamo fatto vedere Torino, gli abbiamo parlato, anche Emerson ci ha parlato. Ma lui non se la sentiva di venire a Torino, ha paura, non si sente pronto e tutte queste cose qui, quindi non è roba nostra, non è uomo!»; Moggi: «Va beh...»; R.: «Luciano, senti...
ma meglio così, ma ce ne abbiamo uno meglio su quella fascia lì, non ti preoccupare. Mò adesso comincio a far casino a Mido (giocatore egiziano, all’epoca in forza alla Roma, ndr), non ti preoccupare, te la distruggo io la Roma!»; M.: «Va bono».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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