Fuentealbilla ha duemila anime e un concittadino illustre. Dal cuore della comunità autonoma di Castilla-La Mancha, 400 chilometri a nord ovest di Barcellona, Andres Iniesta racconta la sfida di Champions con l'Inter. Un problema muscolare al quadricipite della gamba destra lha costretto ai box, «ma potrei farcela per la finale», ammette con un pizzico di benevola spavalderia. A Fuentealbilla Iniesta trascorre le sue giornate a curare i vigneti di famiglia, «per riconciliarmi con la natura e trovare quella serenità che sarà importante ai mondiali sudafricani».
Prima della Coppa del Mondo cè però l'Inter di Mourinho, se l'era per caso dimenticato?
«Certo che no. Anzi, mi fa rabbia non essere della partita ma sono convinto che Sergi Busquets o Yaya Toure sapranno metterci del loro senza farmi rimpiangere».
Sì, ma con tutto il rispetto dei suoi compagni lei è uno dei migliori centrocampisti al mondo.
«Lo dicono gli addetti ai lavori, io invece mi sento come tanti altri e se devo scegliere uno davvero bravo dico Xavi. Il mio pregio forse è quello di sapermi adattare in ogni zona del campo. Ho avuto la fortuna di crescere in un settore giovanile straordinario come la Masia e in prima squadra ho trovato Rijkaard che mi ha dato fiducia nonostante fossi un ragazzino, insegnandomi molti trucchi del mestiere».
Lei una volta ha ammesso di non vedere in circolazione nuovi Iniesta. Qualcuno lha interpretato come un'uscita arrogante.
«No, è un dato di fatto. Nelle nuove generazioni cè scarsa attitudine al sacrificio e poca cultura sportiva. Io invece alla loro età non vedevo l'ora di finire i compiti per correre in strada a giocare. Per migliorare la mia forza fisica sfidavo sempre ragazzi più grandi di me, anche di statura. A volte mi andava bene, altre finivo ammaccato. Ciò che conta è che sono diventato un uomo e un calciatore professionista».
Eppure all'apparenza lei non sembra proprio un guerriero...
«Tendenzialmente sono una persona schiva e riflessiva, ma quando entro in campo ladrenalina inizia a scorrere nelle vene e mi trasformo, diventando un predatore di palloni. Più ne recupero agli avversari e maggiori sono le possibilità di vincere la partita».
Domanda forse scontata, nell'Inter gioca Eto'o. Sarà lui a fare la differenza, come per altro già accaduto contro il Chelsea?
«Sicuramente è il miglior giocatore dei nerazzurri. Non lo dico solo perché è stato mio compagno di squadra. Ibrahimovic è un ottimo attaccante, un atleta completo. Però Samuel ha fatto la storia del Barcellona. Bisognerebbe ergergli un monumento in Catalunya. La sua scelta di giocare per l'Inter è stata dettata dal desiderio di trovare nuovi stimoli. Qui aveva vinto tutto».
Domanda a bruciapelo, come si ferma Messi?
«Chiudendolo a chiave nel vestuario (lo spogliatoio, ndr)
Non si può fermare, se ha voglia di decidere le sorti di una partita lo fa e basta. È il miglior giocatore e vive un periodo straordinario sotto l'aspetto psico-fisico».
Guardiola da una parte e Mourinho dall'altra. Sono i due migliori allenatori al mondo in questo momento?
«I risultati parlano per loro. Non dimentichiamoci anche Ferguson. C'è solo una differenza: Pep era già un allenatore in campo. Mourinho lo è diventato negli anni».
Si farebbe sedurre in futuro da un'offerta dall'Italia?
«Nessuno mi ha mai contattato dalla vostra Serie A e, se devo essere sincero, neppure mi affascina l'idea».
Prossima tappa Santiago Bernabeu per la finale?
«La finale è quella tra noi e l'Inter. Un vero peccato che una delle due non possa andare a Madrid».
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