L’UNIONE DEI NAUFRAGHI

Trecento pagine di articolato nella sua prima stesura, altre 250 per il maxi emendamento su cui è stata posta la questione di fiducia. Peggio di così non poteva andare. Nella lunga storia repubblicana mai si era vista una legge finanziaria così pasticciata e confusa. La protesta nel Paese è ormai generale. Anche quanti, come il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, sono stati coautori di questo pasticcio, sono stati poi costretti a prendere le distanze sotto la spinta di tutte le categorie e di tutti gli ambienti culturali ed economici.
La debolezza politica di questo governo può anche essere, per qualche tempo, la sua forza, ma l’effetto domino che sta creando nel Parlamento e nel Paese è implosivo e rischia di lasciare solo macerie.
I primi risultati di questo effetto domino li abbiamo visti nel dibattito alla Camera dei deputati nel quale alla confusione del governo si è aggiunta quella dei gruppi di maggioranza, ognuno dei quali urlava la propria diversità, a stento contenuta dai rispettivi capigruppo. Spiace dirlo, ma non abbiamo ricordo di un marasma parlamentare di questa portata. La commissione Bilancio ha esaminato 30 articoli su 217 e l’aula di Montecitorio si è dovuta fermare ai primi 15. E tutti sanno che non c’entra nulla l’ostruzionismo parlamentare, che è altra cosa e che ha altra dignità. Non si tratta neppure, come ha detto qualcuno, di un golpe del governo. È peggio. Chi fa un golpe sa cosa vuole e conosce la direzione di marcia. Governo e maggioranza sembrano, invece, aver perso la bussola, navigando a vista e creando panico nel Paese. L’incertezza e la confusione sono, infatti, mali che possono stendere al suolo un’intera economia più ancora di una manovra sbagliata. Quando Romano Prodi dice che il Paese è impazzito sotto la spinta dei mille interessi particolari, prima ancora che una bugia dichiara il fallimento del proprio governo e della propria maggioranza.
Chi, se non la politica, deve infatti ricomporre in un progetto visibile e condivisibile i tanti legittimi interessi presenti in una società moderna? E chi, se non la maggioranza di governo, ha il dovere di proporre al Paese una missione, un obiettivo, un orizzonte? Il Paese non è impazzito. È solo privo di una guida politica. Questa maggioranza non regge un titolo di giornale. Lo spettacolo che abbiamo visto nelle ultime settimane di tasse, di tagli e di stanziamenti che cambiavano ogni giorno a seconda degli editoriali la dice lunga sulla sua tenuta politica, e ciascun ministro è sembrato essere più un leader di opposizione che un membro del governo. Così non va, né può andare. Quando Prodi in un’intervista alla Bbc dice: «Nessuno è interessato a far cadere il governo perché ognuno cadrebbe con me», fa emergere, forse, un sentimento vero e diffuso nei gruppi di maggioranza. Ma confessa anche che solo il timore di andare tutti a casa e la paura dell’avversario li può tenere insieme.


La paura di un governo, però, è cattiva consigliera perché deprime la crescita economica, frantuma la coesione sociale e destabilizza la politica. Ed è ciò che sta drammaticamente accadendo in questi giorni di follia.

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