L’Unione non ride più: tre regioni in bilico

A Roma Ds e Margherita disertano il comizio del Professore con Marrazzo

Luca Telese

da Roma

Arrivi alla ex Domus Pacis, vedi il sorrisone curiale del Professore, lo senti parlare e ti accorgi subito che il duello con il Cavaliere, ha già prodotto il suo day after. Certo, non è un terremoto, ma mille piccoli segnali dicono che c’è un cambio di marcia, che Romano Prodi ha deciso di drammatizzare la situazione, di pestare sull’acceleratore, di far cadere ogni preambolo buonista quando parla del suo avversario.
L’occasione l’ha fornita Piero Marrazzo, presidente della Regione, ansioso di diventare sponsor del candidato premier, al punto da organizzare una convention tutta per lui e di tappezzare manifesti che lo ritraggono assieme a Prodi con le braccia levate, come per festeggiare una vittoria già avvenuta (e magari controbilanciare l’asse fra Walter Veltroni e Francesco Rutelli).
Ma la novità è tutta nel linguaggio e nei toni che Prodi sceglie per dipingere gli ultimi giorni di campagna elettorale. Intanto Berlusconi: c’è in tutte le frasi, anche senza essere nominato, sostituito da un indicativo «lui» e poi, per la prima volta, c’è una frase, che nemmeno troppo indirettamente fa capire che i sondaggi dell’ultima settimana hanno preoccupato gli uomini dell’Ulivo: «Sappiate che Lazio, Piemonte e Puglia fanno la differenza fra una vittoria risicata e... la forza di cambiare il Paese». Ovvero, tradotto dal «prodese»: in queste tre regioni, l’Unione non è sicura di vincere.
E che dire, dei toni con cui ora viene descritto il Cavaliere? Fino a poco tempo fa, era citato solo raramente, evocato attraverso perifrasi omeopatiche. Ieri, Prodi si è servito del Caimano per attaccarlo direttamente e durissimamente: «In un film, che ancora non ho visto ma che andrò a vedere (proprio quello che Berlusconi definiva «orribile», ndr), mi hanno detto che c’è la scena del suo discorso al Parlamento europeo di fronte a Schulz...». Prodi dice che Fini gli aveva chiesto di non infierire, quella sera, e che lui - questa risposta non l’aveva mai raccontata - gli avrebbe detto: «Quest’uomo non ha il diritto di rappresentare il Paese». Un modo, nemmeno troppo indiretto, di dire quello che Prodi pensa in realtà proprio oggi.
E poi, ancora con un aneddoto che si richiama esplicitamente al duello di due giorni fa: «Ma lo avete visto nel faccia a faccia? Quando gli ho chiesto dove avrebbe trovato i miliardi per il suo programma economico, mi ha risposto: “Quando usciamo te lo spiego”». Prodi fa una pausa, una delle sue, e poi, con quei sorrisi un po’ democristiani con cui sottolinea i suoi affondi: «Ebbene, dopo, è scappato via! Come una lepre!». Ovviamente, la platea esplode in un applauso. Ma il messaggio non è destinato ai supporter di Marrazzo. E nemmeno a quelli dei Ds e della Margherita, che in questo gioco di riallineamenti dell’ultimo giorno, ieri non erano presenti, nemmeno con una bandiera, o con la delegazione di qualche sezione.

Nelle ultime ore del rush finale, Prodi vuole far vedere che non ha paura di nulla, che la situazione è sotto controllo, che serve una mobilitazione straordinaria per vincere le elezioni. Ma proprio in questa ostentazione di sicurezza, forse, c’è la prova che nemmeno lui, in questo momento, dà nulla per scontato.

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