«L’Unione porterà privatizzazioni di favore»

La parlamentare azzurra critica il progetto di Bersani: «Il rischio è di liberalizzare settori strategici e vendere i gioielli di famiglia»

da Roma

«Non è soltanto un problema di liberalizzazioni vere o finte, minimali o di sistema. In un mercato come quello italiano, c’è un grave rischio: quello delle privatizzazioni di favore». Laura Ravetto ha interrotto l’attività di avvocato per quella parlamentare, nelle file di Forza Italia; ma non dimentica la specializzazione nelle materie che riguardano la concorrenza. Esprime così i suoi timori per un pacchetto di misure, quello appena varato dal governo, che non affronta i veri nodi del sistema. Ma non è questo, a suo giudizio, l’unico rischio all’orizzonte. Ne vede un’altro: quello di «favoritismi nell’acquisto dei gioielli di famiglia».
Il pacchetto liberalizzazioni fa discutere. L’accusa che più ricorre è questa: Bersani parla di rivoluzione, ma in realtà gli interventi sono modesti. È d’accordo?
«Certo, ma non è solo questo il problema. Se il governo ha l’intenzione di liberalizzare i settori strategici, come l’energia e i trasporti, in un mercato come quello italiano che non è ancora pronto, allora vedo un rischio: il rischio delle privatizzazioni di favore. Sento che imprenditori molto importanti sono interessati, per esempio, all’alta velocità. Ma che cosa vogliono comprare? La linea Milano-Roma, cioè la crema del nostro sistema ferroviario. In quest’ambito non abbiamo ancora un mercato concorrenziale, e si rischia di favorire l’acquisto dei gioielli di famiglia. Le vere privatizzazioni non si fanno così».
Una seconda critica diffusa dice: il pacchetto è stato preparato in splendida solitudine, senza alcun confronto con le categorie.
«E senza alcun confronto con la gente, a cui bisogna dire la verità. Ben vengano le liberalizzazioni, ma gli italiani devono essere preparati. Il nostro Paese è particolare, è ancora quello del negozio d’angolo, e un cambiamento radicale porterà paure e tensioni. Sa che cosa contesto a Bersani? Di aver preparato il suo pacchetto sulla base delle ultime pronunce dell’Antitrust, che però affrontavano situazioni di nicchia, patologiche. Non c’è invece un’analisi completa sui grandi settori, essenziale prima di affrontare le vere, grandi liberalizzazioni».
C’è qualcosa per quanto riguarda le banche.
«Bersani mi consente di chiudere un conto corrente senza spese, ma non mi consente, solo per fare un esempio, di avere il conto in una banca, il mutuo in un secondo istituto, la cassetta di sicurezza in un terzo. Siamo lontani dalla mia proposta di legge che prevede la portabilità dei conti, e la possibilità di avere servizi diversi in banche diverse».
Le proteste delle categorie interessate segnalano, a suo parere, soltanto paura del nuovo?
«È mancata completamente la fase di spiegazione e di confronto con le categorie. Penso alla benzina: perché liberalizzare gli impianti? Il passaggio dei distributori a grandi gruppi non fa diminuire il prezzo del carburante, e non lo dico io ma uno studio compiuto, se non sbaglio, dall’Antitrust sotto la presidenza Amato. Il punto è: nessuna liberalizzazione va bene se non produce risultati positivi per i consumatori. Questo è il principio a cui ci si ispira negli Stati Uniti. E poi questo governo non rappresenta il nostro sistema produttivo, fatto di piccole e medie realtà, che vanno sì aiutate a crescere, ma non massacrate».
Che cosa rimprovera di più a Bersani?
«L’atteggiamento di Bersani mi ha colpito: in realtà, non è un liberalizzatore ma uno statalizzatore. Faccio un esempio: quando in tivù ha detto che avrebbe eliminato il costo fisso per le ricariche dei cellulari, è intervenuto con atteggiamento statalista sui prezzi.

Un compito che non spettava a lui, ma all’Authority delle Comunicazioni».
Quale sarà l’atteggiamento di Forza Italia in Parlamento?
«Vedremo. Non mi dispiacerebbe fare un’opposizione di merito, entrando nello specifico delle questioni. Noi siamo per le liberalizzazioni, ma fatte bene».

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