Politica

L’Unione scatena la battaglia del Quirinale

Laura Cesaretti

nostro inviato

a Porto Santo Stefano (Gr)

Che sia un dibattito prematuro, lo ripetono tutti nell’Unione. «Se ne parla sui giornali, ma quello del Quirinale è un loop mediatico destinato a sgonfiarsi in tre giorni», assicura ad esempio Paolo Gentiloni, Dottor Sottile del rutellismo. E però è bastata quella frasetta buttata lì da Massimo D’Alema, in fondo a una paginata d’intervista sulla Stampa, a scatenare un putiferio. Bisogna tornare alla regola dell’alternanza, dopo il laico Ciampi un cattolico sul Colle? «Queste logiche mi paiono logiche del passato, rispondenti ad equilibri del passato. Parliamo di un’altra epoca, c’era il partito dei cattolici, un altro sistema politico... Diciamoci la verità, la regola dell’alternanza appartiene al mondo che fu», afferma il presidente della Quercia. Il quotidiano di Torino ha sintetizzato nel titolo: «Il Quirinale non tocca ai cattolici», e a D’Alema è toccato precisare. «Dal titolo - scrive infatti il presidente dei Ds alla Stampa - si evince una mia presunta avversione alla candidatura di un cattolico alla presidenza della Repubblica. Così non è».
Il «loop» però si è messo in moto. Anzi, era in moto già da un po’, dentro il centrosinistra: pochi giorni orsono era stato Arturo Parisi a dargli il via, lanciando fra il serio e il faceto la candidatura di Ciriaco De Mita. Il partito dei cattolici non c’è più, come ricorda D’Alema, ma De Mita è un ex democristiano doc. E a quel nome gli esponenti della Margherita ne hanno fatti seguire svariati altri, e tutti della stessa provenienza: Lamberto Dini, Nicola Mancino, e naturalmente Franco Marini... E in molti lo hanno interpretato come un «ora tocca a noi», a noi intesi come cattolici ed ex democristiani, tocca a noi fare il nome per il successore di Carlo Azeglio Ciampi. Ieri, fra gli esponenti della Margherita raccolti alla festa del partito di Porto Santo Stefano, circolava una certa irritazione verso l’uscita di Massimo D’Alema: «Certo ha smentito quel titolo sul cattolico al Colle. Ma il senso di quella risposta resta lo stesso». E i cattolici, dice un ex democristiano orgoglioso come Beppe Fioroni, colonnello di Franco Marini, «non sono disposti a farsi trattare come cani in chiesa». Tanto più se, come sospettano in molti da queste parti, a «farci un pensierino» sul Quirinale è proprio il presidente dei Ds: «Legittimo che ci pensi, per carità, ma non so se noi lo appoggeremmo...», avverte un esponente dl.
La verità, a sentire le voci di molti dirigenti del centrosinistra, è che la partita per il Colle è ancora lontana, ma l’Unione è del tutto impreparata ad affrontarla. Fino a poco tempo fa, c’era un candidato che veniva dato in pole position: «L’organigramma è già chiaro», spiegava ad esempio Clemente Mastella, «Prodi farà il premier, D’Alema il presidente della Camera, Marini quello del Senato e Amato andrà al Quirinale». lo schema cui rispondeva questa logica era chiaro: Prodi è senza partito, ma è un cattolico che non appartiene alla storia della sinistra socialista e postcomunista. Quindi al Colle deve andare un candidato proveniente da quella storia. Un candidato che però deve avere una ulteriore dote: quella di essere votato anche dal centrodestra, che anche se sconfitto dovrà contribuire all’elezione del presidente della Repubblica e alla maggioranza qualificata necessaria per sceglierlo. E Amato è ritenuto il più qualificato ad avere l’appoggio di Silvio Berlusconi. Solo che l’ex premier socialista non sarebbe più così gradito ai dirigenti della Quercia: «Sulle vicende di quest’estate, a cominciare dall’Opa Unipol, ha dimostrato a loro parere una certa carenza di affetto nei confronti dei Ds», spiega ad esempio Beppe Fioroni. Troppe critiche puntute, troppa poca solidarietà in un momento di grande difficoltà per Fassino e D’Alema. Ad oggi, la sua stella è giudicata in calo. E quindi? «Non so, non credo che i Ds abbiano una linea sulla questione. E neanche noi d’altronde», aggiunge Fioroni.
Michele Ventura, parlamentare diessino di fede dalemiana, conferma che allo stato attuale un candidato non c’è: «Credo, ma ovviamente è una convinzione personale, che una riconferma di Ciampi sia ancora una strada percorribile, e anche una buona strada. È stato un ottimo presidente, può esserlo ancora». Gentiloni invita alla cautela: «È troppo presto, non è un argomento all’ordine del giorno. Di sicuro nei nostri vertici ancora nessuno lo ha messo sul tavolo». Ma dà anche lui la sua risposta a D’Alema: «Qui non siamo né in Libano né in Irak. Un tema come l’elezione del prossimo presidente della Repubblica va tenuto al riparo da polemiche inutili e da gossip di corridoio.

E comunque non va affrontato certo con categorie che appartengono alla religione».

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