di Cristiano Gatti
È un periodo che il trasporto aereo di politici si dimostra fertilissimo per la creatività dei vignettisti. Dopo il disastro polacco, che ha scatenato lumorismo beccamorto di Staino, abbiamo subito unaltra ghiottissima occasione, anzi stavolta pure meglio, perché tutta italiana, con un discreto manipolo del centrodestra coinvolto in un decollo di paura a Linate.
La cronaca ruota attorno alla figura inquietante di una lepre, rimasta tragicamente vittima del suo stesso attentato. Come noto, questa particolare specie animale evidenzia da sempre due attitudini singolari: diventare un ottimo sugo per pappardelle e rompere lanima lungo le piste degli aeroporti (da qui le periodiche battute di caccia per toglierle dagli aeroporti e avviarle anticipatamente al sugo).
La lepre di Linate vive il suo quarto dora di popolarità in occasione del volo Milano-Roma delle 14. Sullaereo una settantina di passeggeri, tra i quali diversi rappresentanti dellarea leghista-berlusconiana: Viviana Beccalossi, Giorgio Jannone, il vicesindaco meneghino Riccardo De Corato, il sindaco di Brescia Adriano Paroli e il vicepresidente della Provincia bresciana Giuseppe Romele.
Lattentato della lepre - sempre che non si tratti di semplice suicidio - è cosa di pochi secondi: mentre il pilota sta lanciando laereo per il decollo, linfida bestia va di scatto ad infilarsi sotto le ruote, finendo poi risucchiata orrendamente dentro un motore. In cabina si avverte chiarissimo il forte botto. Il comandante aziona allistante i freni e i passeggeri subito rileggono in un attimo lintero film della propria vita. Perché si fa presto a dire, dopo. Ma limprevisto in diretta è terrore puro.
Fortunatamente, la manovra del pilota riesce alla perfezione e laereo si arresta prima di staccarsi dal suolo. Si torna ai box per i controlli rituali e i passeggeri vengono trasferiti sul volo successivo. Qualcuno ammetterà di aver subito pensato al povero presidente polacco, altri allipotesi di uno scontro in pista tra aerei (purtroppo, è storia di Linate). Tutto molto umano: in aereo si respira già sottile tensione con cielo terso e assenza di correnti, facile immaginare il clima nella fase imprevista del botto e della brutale frenata.
Inevitabilmente, a paura dissolta, il ricordo gira poi in ironia e tutto si risolve nel simpatico aneddoto della lepre kamikaze. Adesso tutti ci ridono. Dunque, non resta che aspettare: quanto prima altre succulente vignette sul disastro aereo di stampo politico. I maestri della satira non si lasceranno sfuggire una così propizia occasione (eventuali appunti per una base di lavoro: «Non siamo ancora la Polonia, ma ci siamo avvicinati di molto»). Bisogna lasciarli lavorare: a forza di praticare questa leggera satira tra opposizione e auspicio, può essere che prima o poi ci prendano. A rottami fumanti, ci possiamo piegare in due dalle risate.
Come dimenticare: già la catastrofe che ha decapitato la Polonia ha stimolato tantissimo Sergio Staino. Solitamente un grande della satira, disegnando sullUnità è scivolato in bassissimo con la vignetta più miserabile e odiosa del secolo, quella ormai lugubremente famosa del rimpianto, «Chi troppo e chi niente», per dire che ai polacchi sono morti tutti e a noi non muore mai nessuno. Una battuta che non ha niente di geniale, che non fa ridere, e che resta infelicemente disgustosa. Eppure, risuona lo stridore di unghie sullo specchio della patetica spiegazione: «Non volevo offendere: basterebbe rileggerla con attenzione per capire come il dolore rimanga, scappa solo un leggero sorriso che è poi quello della satira. La battuta si brucia su quel troppo che è un riconoscimento dellenormità della tragedia». Più o meno dello stesso tenore, forse peggio, la difesa dufficio della direttrice Concita De Gregorio.
Come al solito, abbiamo una cerchia di intelligenti che partorisce sempre e comunque opere di altissimo ingegno, purtroppo attorniata da una popolazione di trogloditi che apprezza unicamente il Bagaglino e le barzellette sconce del premier. Vogliono stravincere. Nemmeno si può provare a dire che anche gli Staino, ogni tanto, partoriscono sfondoni, cui almeno potrebbe seguire un dignitoso silenzio e caso mai qualche semplice scusa. Del resto, capita. Per la verità ai fuoriclasse veri della satira, per quanto feroci, tipo Benigni o Elle Kappa, non succede mai. Comunque ai normali capita. Invece no, non cè possibilità di capirsi: la vignetta sul disastro polacco era oggettivamente fiacca e di cattivo gusto, ma la colpa è dei trinariciuti che non capiscono larte...
Caro, vecchio Staino, si metta comodo: già una vignetta che va spiegata è un mezzo fallimento.
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