Lunità socialista non rinneghi la cultura radicale
28 Luglio 2005 - 00:00Pietro Mancini
Oggi che si ritorna a parlare dellalleanza tra i socialisti e i radicali, non è forse inutile ricordare, a beneficio dei lettori più giovani, le comuni, storiche battaglie dei dirigenti e dei militanti del Psi e del Pr per la difesa e lo sviluppo dei diritti civili. Lo scorso anno, molto opportunamente, Marco Pannella ed Emma Bonino hanno celebrato a Roma il trentennale della vittoria laica e democratica, nel referendum del 1974. Che era stato promosso dai cattolici tradizionalisti e dalla Dc di Amintore Fanfani, allo scopo di abrogare la legge che introduceva il divorzio in Italia, che portava il nome di un battagliero deputato socialista, Loris Fortuna. Nel 1970, lallora segretario del Psi, Giacomo Mancini, intervenne alla Camera dei deputati in difesa della legge Fortuna, chiarendo a Forlani e agli altri capi della Dc che i socialisti, seppure alleati di governo, non avrebbero mai rinunciato al loro impegno per fare dellItalia un Paese meno oscurantista, più civile e più moderno.
Tra i dirigenti del vecchio e un po sonnolento Psi demartiniano dellera pre-Craxi, non furono purtroppo molti gli esponenti che compresero, stimolando liniziativa del partito, limportanza dellimpegno della sinistra non comunista per lo sviluppo delle libertà e dei diritti civili. Trentanni dopo il centrosinistra guidato dallex democristiano Romano Prodi, gioca sulla difensiva attuando il catenaccio alla Trapattoni persino sulla difesa della legge sullaborto e sulla laicità dello Stato, punti sui quali si è preferito furbescamente glissare nel documento programmatico dellUnione.
La «melina» pre-elettorale e le ambigue manovre trasversali hanno il sopravvento sulle grandi battaglie ideali e politiche degli anni Settanta. Di recente, i socialisti dello Sdi hanno cercato di vincere le diffidenze dei diessini e della Margherita, peraltro guidata dallex radicale Rutelli, tentando di convincerli ad aprire le porte del rissoso caseggiato prodiano a Pannella, Bonino e Capezzone. Ma le reazioni sono state gelide, quando non fermamente contrarie, con Mastella che ha invitato il Professore a scegliere tra lUdeur e i radicali. Imbarcando il vecchio e carismatico Marco, generoso ma imprevedibile, Prodi e Rutelli temono di perdere i consensi dellelettorato cattolico.
In realtà, Boselli e i socialisti dello Sdi, anche sullintricato nodo dellalleanza con i radicali, appaiono timidi e impacciati, soprattutto perché non hanno il coraggio e lautorevolezza politica, che non mancavano ai loro predecessori, per lavorare con convinzione allobiettivo di unire nel Paese la cultura radicale, quella liberale e quella socialista. Per non scalfire legemonia dei ds, essi strizzano locchio a Pannella, ma solo per portare a casa un accordo tecnico, allo scopo di superare la soglia elettorale di sbarramento del 4 per cento.
Insomma, dallambizioso progetto dellunità socialista, si rischia di passare al modesto cabotaggio di unoperazione di sopravvivenza in Parlamento. E quando i capi dello sdi lanciano ai compagni separati del nuovo Psi di De Michelis e Bobo Craxi lennesimo ultimatum («Al congresso di ottobre, dovete abbandonare il Cavaliere!»), eludono la questione di fondo. Quella che dovrebbe spingerli a sfidare con decisione nellUnione le tendenze, tuttora egemoniche, massimaliste, giustizialiste e cattocomuniste che restano incompatibili con il dna di una rinnovata, credibile e autonoma forza socialista.
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