L’uomo che «fotografa» l’Italia ora è il parafulmine della Casta

L’uomo che «fotografa» l’Italia ora è il parafulmine della Casta

RomaaNel suo ruolo di presidente dell’Istat, Enrico Giovannini è chiamato ogni giorno a mettere ordine nel disordine e a produrre una sintesi efficace in un oceano di informazioni e numeri disponibili. Un incarico da «fotografo» della realtà, da osservatore neutro chiamato a non farsi coinvolgere da sentimenti e schieramenti. Questa volta, però, i piani si sono ribaltati. Ed è proprio lui, il «fotografo» a finire sotto l’occhio dei riflettori e ad avere il mirino puntato contro. Sì, perché per giustificare lo stop del Parlamento alla norma taglia-indennità prevista dal governo, i parlamentari hanno individuato nel numero uno dell’Istituto Nazionale di Statistica il bersaglio o il parafulmine su cui far convergere i loro strali.
Non ci sarà la sforbiciata agli stipendi di deputati e senatori fin da gennaio, come previsto dalla manovra? Ebbene la colpa è della Commissione governativa per il livellamento retributivo Italia-Europa, voluta da Renato Brunetta ma guidata dal primo settembre dallo stesso Giovannini, commissione che ancora non ha fornito gli elementi per una equiparazione degli stipendi dei parlamentari italiani a quelli europei. È per questo presunto ritardo che i presidenti di Camera e Senato hanno sollecitato il numero dell’Istat a «concludere nel più breve tempo possibile i lavori della commissione». Un lavoro che dovrebbe essere consegnato per fine dicembre ma che, a sentire le fonti di Palazzo, dovrebbe slittare «di qualche mese». Il motivo? La lentezza da parte di alcuni Paesi nel trasmettere i dati sulle loro retribuzioni. Un’indiscrezione al momento non supportata da conferme ufficiali, tant’è che il relatore della manovra Pier Paolo Baratta corregge il tiro puntualizzando che Giovannini, in realtà, «non ha chiesto nessun rinvio» e quindi «il termine del 31 dicembre fissato per la consegna dello studio comparativo sulle indennità dei parlamentari può essere considerato ancora valido». Un piccolo giallo all’interno di un quadro piuttosto fumoso al quale si aggiunge il moto di orgoglio e il «malumore» diffuso ai vertici delle Camere per l’atteggiamento dell’esecutivo che si è intromesso nell’aurea regola dell’autonomia del Parlamento.
Giovannini, in tutto questo, è ora chiamato a una accelerazione. Lui, l’uomo abituato a misurare la qualità della vita e a definire panieri di beni sempre aggiornati che possano comporsi in un adeguato specchio della realtà, è chiamato ad emettere il verdetto più scontato della sua lunga carriera: stabilire, in maniera inoppugnabile, che i nostri rappresentanti sono i più pagati d’Europa. Certo dovrà districarsi nella giungla di voci che compongono la busta paga, con i vari rimborsi esentasse diventati parte dello stipendio, rimborsi forfettari che in molti casi non richiedono giustificativi delle spese sostenute.

Un regime anomalo che il professore di statistica economica dell’Università di Tor Vergata, già direttore dello Statistics Directorate dell’Ocse, farà fatica a comparare con quelli degli altri Paesi Ue. E che lo costringerà a usare un teleobiettivo molto accurato per scattare una fotografia credibile dei redditi reali degli eletti e non inciampare nelle resistenze della Casta.

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