Le lacrime della moglie: "Non tornerà più a casa..."

Un amico: "Franco mi diceva: sono brava gente, non dar retta alla tv"

«Un italiano vero che si dedicava al la­voro e alla famiglia. Uno dei nostri, di Gatti­nara, sempre in prima fila per organizzare il Carnevale, la festa dell'uva o una griglia­ta al palazzetto dello sport». Daniele Ba­glione il giovane sindaco del paese di 8400 anime, in provincia di Vercelli, ricorda co­sì Franco Lamolinara ucciso in un blitz per liberarlo dalle grinfie dei talebani d'Africa.

Quarantasette anni, meccanico specia­­lizzato, piemontese doc, a Gattinara tutti lo descrivono come un uomo gioviale e ge­neroso. «Ogni volta che Franco usciva di casa- ha raccontato Paolo Colombo, un vi­cino- si fermava a giocare col mio cane e a scambiare due chiacchiere. Era andato in Nigeria perchè voleva guadagnare qual­che soldo in più pensando a moglie e fi­gli ».
La famiglia è chiusa nel dolore al terzo piano di una sobria palazzina di via Man­zoni presidiata dai carabinieri. La vedova, Anna, 46 anni, lavora al palazzetto dello sport. E continua a ripetere: «Non mi tor­na più a casa». La figlia Nicole, 16 anni, è studentessa a Vercelli. Il primogenito Mat­tia,
 19  anni, studia all'istitu­to alberghiero. «Lo ricordo vestito da Babbo Natale, che distribuiva le caramel­le ai bambini, poco prima di partire per l'Africa» rac­conta a Il Giornale Carlo Ri­va Vercellotti, presidente della Provincia.

Lamolinara a 14 anni si è messo a lavorare in offici­na a Gattinara, ma non ba­stava. Negli anni Ottanta e Novanta ha scelto la strada dell'impiego all'estero, più remunerativo, ma che significa tanti sacrifici. A Gattinara non era legato solo al­la famiglia, ma pure alle tradizioni. Lamo­linara faceva parte di una delle compa­gnie storiche del paese che si riuniscono ancora oggi nelle «tabine», le tipiche oste­rie della zona. «La cosa che più ci sconvol­ge - spiega Franco Barattino, amico del cuore- è l'assurdità di tutto questo. Non ci saremmo mai aspettati una fine del gene­re. Sapevamo che c'erano trattative in cor­so e speravamo di vederlo presto tornare». L'amico sperava di organizzare una grande festa per il suo rientro. «Pochi giorni pri­ma di partire gli ho detto: Franco, ma sei sicuro? La Nigeria non è tranquilla ­ spiega Barattino a Il Gior­nale­E lui mi ha rassicura­to dicendomi ' non preoc­cuparti è brava gente, non dare ascolto alla tv'». La­molinara aveva il mal d'Africa, ma ha lavorato anche per il comune. «Quando ero sinda­co me lo ricordo ogni mattina alla guida della macchina per asfaltare» racconta Vercellotti, che chiede con forza al gover­no di avere precise informazioni sulla morte del compaesano. «Lo devono alla famiglia, che non ha ancora ricevuto spie­gazioni » aggiunge il presidente della pro­vincia di Vercelli.

Dopo diversi anni Lamolinara aveva de­ciso di ripartire per l'Africa nel gennaio 2011. In Nigeria era stato assunto da un' azienda svizzera, la Stabilini Visinoni Li­mited. Veterano dei mezzi pesanti lavora­va in un cantiere a Birnin Kebbi, nel nordo­vest della Nigeria, dove l'hanno rapito il 12 maggio. Il destino ingrato ha voluto che venisse portato via dai tagliagole islamici solo due giorni prima del rientro a casa, per un breve periodo di ferie. Don Renzo del Corno, parroco di Gattinara, lo ricorda «come un uomo sul quale si poteva sem­pre contare». Il sindaco ha proclamato il lutto cittadino, ma preferisce la «fotogra­fia » di una festa dell'uva, quando scorreva del buon Nebbiolo e «Franco con la mo­glie Anna erano sorridenti e felici». Il pri­mo cittadino ribadisce «che questo è il mo­mento del dolore, ma chiedo con forza chiarezza sulla vicenda».

La sua ultima immagine è un drammati­co video dello scorso agosto, assieme all' ostaggio inglese rapito e ucciso con lui nel fallito blitz.

In ginocchio e barba lunga scongiura il governo italiano di trattare per la sua liberazione.
www.faustobiloslavo.eu 

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