Caso Rosanna Gariboldi. I pubblici ministeri avevano espresso parere favorevole alla scarcerazione. Il Natale da passare a casa. Cosa fatta. Se persino la Procura consente, è sicuro, ovvio. Lo pensa lei che sta già male in infermeria, deperita, depressa allo sfinimento. Invece interviene il gip e dice: abbiamo scherzato, non se ne fa niente; tu, signora Gariboldi, mangi il panettone a San Vittore. Così impari. Impari che cosa? Che in Italia cè la tortura. Questo si impara dal modo con cui viene amministrata da noi la giustizia.
I legali dicono: il provvedimento è abnorme. È il loro mestiere, sono gli avvocati dellimputata, e uno pensa: logico si diano da fare per guadagnarsi la parcella. Essi spiegano in modo convincente, dopo aver letto le motivazioni della sentenza, che non era nei poteri del gip sindacare la congruità del patteggiamento. Il giudice delle indagini preliminari aveva confermato la carcerazione sostenendo che sono troppo pochi due anni e rotti concordati tra accusa e difesa, e che probabilmente a casa la Gariboldi avrebbe continuato a perpetrare i reati. Ma comè possibile se il presunto complice cui obbediva in tutto è ancora in carcere? Misteri. Anzi evidenza di persecuzione. Il patteggiamento convenuto equivale alla fine delle indagini, e questo aveva portato i pm ad auspicare il ritorno in famiglia della Gariboldi. Anche senza essere scienziati del diritto si capisce che qualcosa non va. Ma qui non cè di mezzo la violazione presunta del codice da parte di un magistrato, ma la crudeltà. Essa non sarà reato, ma danneggia lo stato di salute di questo Paese persino più della crisi economica, perché viene voglia di non lottare più per ricostruire, se chi tiene in pugno la bilancia del bene e del male mette un macigno sul piatto e manda al diavolo la speranza. Gli avvocati protestano, ma sono di parte, e bisognerebbe allora ci fosse un avvocato non degli imputati ma della civiltà per dire che non si fa, e bloccare la mano che stringe di nuovo le manette. Qualche difensore civico dei diritti umani ma anche del decoro dello Stato, che inibisca a chiunque, fosse pure un giudice, di infliggere la tortura alla gente. Nessuno dubita della buona fede. E dellonestà della toga. Ma non si fa lo stesso.
La storia di Rosanna Gariboldi è già stata raccontata. Essa è stata fino alla sua carcerazione assessore provinciale a Pavia sotto le insegne del Pdl. Non solo. Particolare di un certo peso, è la moglie del vice coordinatore nazionale del Popolo della libertà, Giancarlo Abelli. Non centra niente nelle considerazioni fatte la consistenza o meno degli indizi, e neanche il reato contestato. Quel che non funziona è luso della cella come goccia cinese sulla testa per far impazzire una persona così che dica quel che desiderano i pm, vero o non vero fa nulla, purché ammetta, così - il patto è implicito, ma qualche volta no - torni tra i tuoi cari. Ecco, stavolta il patto coi pm non ha funzionato. A Natale cè chi vuole di più.
Ho un triste sospetto. Che non abbia affatto giovato alla signora Gariboldi latto di sindacato ispettivo (si chiama così), e cioè linterrogazione urgente datata 26 novembre al ministro della Giustizia, e che ha per prima firmataria lonorevole Melania Rizzoli (medico) ed è stata sottoscritta da parlamentari della maggioranza e dellopposizione. Ci si esprimeva così: «Leuroparlamentare e capogruppo del Pdl a Strasburgo, on. Mario Mauro dopo una visita alla Gariboldi, sul Corriere della Sera del 23 novembre 2009, si chiede se le forme e i modi di questa carcerazione preventiva così disposta dal nostro sistema non sconfinino nella tortura», e si domandava «se le condizioni ed i modi della detenzione della Gariboldi siano compatibili con le garanzie di rispetto dei diritti umani previste dal sistema giudiziario italiano». Risultato? Questo. Che equivale a un sonoro menefrego. A Natale patteggi per uscire? Dentro lo stesso. Fa nulla se la pena concordata consente senzaltro la condizionale. Galera senza remissione. I deputati chiedono chiarimenti? Gliela faccio vedere io chi comanda in Italia. E anzi una strana richiesta, una specie di schedatura, come ha scritto La Repubblica, trombettiere autorizzato del Palazzo di Giustizia di Milano, quando fa sapere perché i deputati in visita si regolino: «La scorsa settimana, la direzione del carcere ha inviato un rapporto dettagliato sugli incontri che la signora Gariboldi ha ricevuto in cella. In questi ventiquattro giorni di detenzione, oltre ad Abelli, si sono presentati a San Vittore anche il consigliere regionale Antonella Maiolo, lex sindaco Gabriele Albertini, il ministro Sandro Bondi e leuroparlamentare Mario Mauro, tutti esponenti del Pdl» (24 novembre pagina 21).
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