L'alleanza ferma a Vasto Il leader del Pd Bersani è prigioniero di una foto

Il leader Pd nella morsa letale fra Vendola e Di Pietro: se resta perde credibilità, se strappa perde voti. E Tonino lo incalza: "Io e Nichi ci siamo, ora devi decidere"

L'alleanza ferma a Vasto Il leader del Pd Bersani è prigioniero di una foto

Dice Antonio Di Pietro che «per sposarsi bisogna essere in due». Figurarsi cosa succede in tre. Guardi quella foto che immor­talò il leader dell’Idv con Pier Lui­gi Bersani e Nichi Vendola colti da imprudente slancio di ottimismo a Vasto, e ti pare di vederli, ora, mentre la scrutano con lo sconfor­to seppiato di certi sposi che, giun­ti a un passo dal divorzio, riguarda­no l’album delle nozze. Solo che qui a dirsi addio si rischia di perde­re le elezioni, le amministrative di primavera e le politiche di chissà quando.

L’aggettivo giusto è: pri­gionieri. Se mi lasci non vale, se non mi lasci pure. E infatti. Ieri c’era Tonino che, da una vetrina non casuale come quella dell ’Uni­tà , pareva la sposa tradita che pe­rò ricuce: «La foto di Vasto non è sbiadita e quel centrosinistra non è archiviato», dai Pier Luigi ripro­viamo, non gettiamo tutto alle orti­che, tocca a te, «è il Pd che deve sce­gliere cosa fare, con chi allearsi». Una parola. Neanche a farlo ap­posta, sull’ Espresso in edicola og­gi c’è Walter Veltroni che, con il so­lito giro immenso di ragionamen­ti, fa l’amante stanca di aspettare, e al «suo» segretario lancia il mes­saggio opposto: quella foto nem­meno andava scattata.

Doman­da: l’alleanza di Vasto sarebbe sta­ta in grado di governare? Rispo­sta: «No». Seguita da lapide: «In questo momento non c’è uno schieramento così robusto e coe­so da poter governare la tempesta in arrivo». E poi dai, «lo si vede an­che nei sondaggi, il Pd cresce nei consensi quando assume una po­sizione di­responsabilità naziona­le e di innovazione ».

E valla a defi­nire responsabile e innovativa la posizione dell’Idv,che prima dice sto in maggioranza a sostegno del governo Monti e poi però fa il con­tr­ario e tanto strilla che pare la Le­ga. Che poi, accidenti al fotografo, quella foto è la rappresentazione plastica di un disagio. Lui, Bersa­ni, sta fisicamente stretto in una morsa mortale. Alla sua sinistra, tanto per complicare le posizioni, c’è Di Pietro, alla sua destra c’è Vendola. E a proposito di Nichi.

È lui a mettere in dito nella piaga più spinosa di questa prigionia, che è il sostegno al governo del banchie­re. Il leader di Sel piuttosto si sareb­be strappato l’orecchino, ché per lui Monti è solo un’abbreviazione di Tremonti, ma mica può rischia­re di ritrovarsi da solo alle elezioni con quelle percentuali di voti sem­pre sotto a ogni sbarramento. E al­lora la aggiusta così: «Il Pd ha di­mostrato una grande generosità sostenendo Monti ma in ogni ca­so noi non romperemo con Bersa­ni, perché la cosa più importante è la prospettiva».

E sono le elezio­ni, la prospettiva. Non a caso, Ber­sani le rinvierebbe volentieri ab aeterno , mentre Nichi e Tonino le vorrebbero già a giugno, entram­bi ansiosi di liberarsi dal giogo leta­le del non saper che fare. Basta sentire Di Pietro, quando dice che il suo fu sì oggi no al governo po­trebbe ritramutarsi in sì se l’esecu­tivo «si concentrerà su equità e svi­luppo », là dove però toccherebbe definire che cosa esattamente si intenda, per equità e sviluppo, vi­sto che Monti è già convinto di averle ampiamente soddisfatte.

Non se ne esce e così riecco Di Pietro fra supplica e minaccia: «Io, così come Vendola, non ho ar­chiviato alcunché: se il Pd va cer­cando scuse per archiviare una primavera e una speranza sono fatti suoi. Noi siamo convinti che quella di Vasto non sia una foto, ma un progetto politico. A quella foto rimaniamo leali, vogliamo condurla in porto. Nel Pd, però, spesso si sente dire “o fate come di­ciamo noi...” Non vogliamo litiga­re, ma alla logica del ricatto non possiamo stare, non faremo i ca­gnolini obbedienti».

Con avverti­mento sibillino finale: «A marzo si vota in 1.500 Comuni e in quasi tut­ti i casi solo stando insieme si può sperare di vincere». Bersani tace, anche perché a parlare ci pensano già le anime liti­giose del suo partito, i filo-Cgil che hanno già la residenza a Vasto e i filo-Bce che vorrebbero raderla al suolo.

L’unico a gongolare è il soli­to Pier Ferdinando Casini, che ieri su Repubblica sogghignava: «Que­sto g­overno è destinato inevitabil­mente a modificare il sistema poli­tico che abbiamo costruito». Co­me dire: la foto di Vasto è già strap­pata, qualcuno liberi i tre immor­talati.

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