L'invasione dell'isola l'ha vissuta sulla sua pelle. Perché gli hanno svaligiato casa, perché di quell'isola è l'assessore al Turismo, il settore forse più colpito dall'emergenza clandestini, e perché comunque, da lampedusano adottivo, si è sentito ferito. Ecco perché Pietro Busetta, economista palermitano e isolano d'adozione, assessore al Turismo della maggiore delle Pelagie, ha voluto tradurre in immagini i quasi due mesi di assalto. E da qui è nata «Lampedusa, marzo 2011: dalla favola allo stupro», la mostra fotografica che per alcune settimane sarà ospitata a Palermo a Palazzo dei Normanni, nel cortile Maqueda.
Le immagini sono quelle che hanno fatto il giro del mondo, viste però con l'occhio particolare di chi quei luoghi d'incanto, rimasti tali nonostante l'invasione, li conosce a fondo. Lo stile è quello del reportage. «La sensazione che si aveva - ricorda Busetta illustrando la sua mostra - attraversando questa marea umana era quella di ritrovarsi davanti a una massa, non a persone. Individui senza quella dignità che l'uomo non deve perdere mai, intruppati dietro delle corde e stretti l'uno all'altro, raggruppati per paesi di provenienza, tutti insieme per farsi coraggio l'uno con l'altro, mentre le forze dell'ordine li controllavano a distanza tenendo sulla bocca mascherine per sottolineare che potevano essere portatori di malattie. Cinquemila e cinquecento abitanti con un tetto. Tra i sette e i diecimila con una sistemazione precaria. "Row row Lampedusa we go", dice una canzone dei Sud Sound System diventato inno ufficiale del comune delle Pelagie, "Rema rema, andiamo a Lampedusa". E quando si arriva sul molo, i giovani ragazzi tunisini baciano il suolo perché sono vivi. Adesso - conclude Busetta - Lampedusa è tornata alla normalità ma queste immagini non dovranno essere mai dimenticate».
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