nostro inviato a Lampedusa
«Sigaretta, per favore, sigaretta...». La cantilena, in un italiano stentato, è continua ogni volta che passa un italiano. Sono ancora in tanti a Lampedusa. Quasi 4mila, colpa del mare mosso, che ieri ha impedito lattracco della «Superba», il maxitraghetto da tremila posti di Grandi navi veloci che avrebbe dovuto portarli via tutti mantenendo, ancor prima delle 48-60 ore previste dal premier Silvio Berlusconi, la promessa che Lampedusa tornerà ai lampedusani. E invece no, i tunisini dopo due giorni ci sono ancora, dalla centrale via Roma al porto. Ma gli isolani sono un po più tranquilli. Sanno che sta per finire. E pazienza se il mare blocca tutto, se obbliga i traghetti ad andare via vuoti. Lobiettivo svuotamento dellisola è a portata di mano. E il futuro fa meno paura.
Non che i problemi siano finiti. Ma la pulizia straordinaria ha restituito un volto meno emergenziale allisola. I punti caldi sono il centro di accoglienza ancora pieno, davanti al quale si mettono in coda a centinaia sperando di riuscire a entrare, impresa impossibile se prima non si svuota e non si procede allidentificazione. E poi la collina sopra il porto, la collina del disonore. Sono arrivati anche lì gli uomini in tuta bianca e mascherine che disinfettano, portano via i rifiuti, puliscono, a volte con laiuto degli stessi tunisini. Ma lì, tuttora, ci sono le tende improvvisate con sacchetti di plastica e cartoni per difendersi dal freddo, che col maestrale punge e fa gelare. E poi cè lassalto, più o meno pacifico, degli immigrati ai passanti: alla gente che passa per strada, ai negozi di alimentari (ieri in uno sono intervenuti gli agenti), panifici in testa, perché un panino, a chi entra dicendo «fame, fame», non si nega a nessuno. «Sto in negozio chiusa a chiave - racconta la rappresentante dei commercianti, Rosangela Mannino - e poi con tanti disperati in giro nessuno ha voglia di comprare. Lampedusa è piena sì, ma di forze dellordine, almeno dessero agli agenti un buono per fare acquisti, magari qualche souvenir ci scapperebbe». La situazione non è ancora normale, a Lampedusa le mamme tengono in casa i ragazzi, di sera è coprifuoco, i migranti sfilano per ringraziare la popolazione. Ma cè il «fattore Cav» che dà fiducia.
«Berlusconi manterrà la promessa». Parola di Pino Brignone, «don Pino» per i suoi fan, in testa i vip, 84 anni, titolare da 60 del Bar dellAmicizia, mentre mostra le sue poesie, i biglietti di ringraziamento in italiano e in arabo, la lettera scritta a Prodi durante lemergenza sbarchi del 2008 e ora riproposta uguale a Berlusconi. È nel suo bar che si incrociano i destini del caleidoscopio che è Lampedusa in questi giorni: il clandestino che si chiude in bagno per caricare il telefonino; gli agenti delle forze dellordine, una fiumana anche loro, i preferiti proprio dei bar, perché sono tanti e pagano cash. Ma avverte, don Pino: «La cattiva pubblicità ci rovina».
E questo è il cuore del problema, limmagine negativa di Lampedusa con la stagione estiva alle porte. Una beffa, quello che è successo: lanno scorso, con gli sbarchi bloccati dagli accordi internazionali, il turismo era cresciuto del 25%, questanno si prevedeva più 20%. Il fattore Cav, però, dà fiducia agli imprenditori. Specie agli albergatori, i più penalizzati: gli hotel sono pieni ma di forze dell'ordine, il che vuol dire vedere i soldi almeno tra un anno, tanto impiega lo Stato per pagare; le casse sono vuote, nessuno prenota vacanze e versa caparre. Eppure... «Eppure - dicono Giandamiano Lombardo ed Ezio Bellocchi, albergatori e rappresentanti della categoria - dopo la visita di Berlusconi i contatti sui nostri siti sono il quadruplo, ed è arrivata qualche mail che ci fa ben sperare. Non solo. Noi abbiamo consegnato un piano di rilancio al presidente e ci ha contattati il ministro del Turismo Brambilla, cui abbiamo sottoposto varie proposte, tra cui quella di buoni vacanza da 200 euro per chi sceglie Lampedusa. Limpegno è concreto, sempre che non ci siano più sbarchi».
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