Joe R. Lansdale, autore di oltre venti romanzi, tra cui In fondo alla palude, e di centinaia di racconti, ama l’Italia e per questo ha scelto il nostro Paese per l’anteprima mondiale del suo ultimo romanzo Echi perduti, che sarà in libreria nei prossimi giorni. Per gentile concessione dell’editore Fanucci (che di Lansdale ha pubblicato, tra gli altri, anche i romanzi Atto d’amore, Freddo a luglio e L’ultima caccia), anticipiamo le prime pagine del romanzo.
Joe R. Lansdale
DALLE PAGINE DELLO HOUSTON CHRONICLE
GIALLO NEL TEXAS ORIENTALE
All’interno di un’automobile, ai piedi di una collina rivestita di sterpaglia e rampicanti, nel cuore di Mud Creek, Texas, sono stati rinvenuti due cadaveri. La collina, che offre una vista suggestiva, un tempo era un luogo di ritrovo per coppiette che andavano ad appartarsi in macchina, ma ora viene considerata impraticabile da gran parte degli adolescenti della zona, nonostante i cadaveri non fossero altro che dei resti ossei e nonostante tutto faccia pensare che l’automobile e i resti stessi fossero lì da parecchi anni.
A causa dell’asperità della collina e del brusco strapiombo, era impossibile scorgere la macchina dall’alto. Un abitante della zona ha inoltre dichiarato che in quel punto buona parte della gente «ci veniva di notte e non ci veniva certo per fini turistici».
A scoprire la macchina sono stati alcuni escursionisti che avevano deciso di calarsi lungo la collina. «Inizialmente, non abbiamo capito di cosa si trattasse», ha detto uno degli escursionisti, che ha espresso la volontà di restare anonimo. «Sembrava un mucchio di terriccio ammassato contro una pianta, ma si trattava di una macchina, tutta ricoperta di rampicanti e sterpi».
In un primo tempo, le autorità pensavano che si fosse trattato di un incidente, che l’automobile fosse scivolata nella scarpata da sola, ma i crani di entrambe le vittime hanno rivelato dei fori di proiettile sulla fronte. Si è tentato di identificare la coppia, un ragazzo e una ragazza, attraverso la targa del veicolo e i nomi contenuti in un portafogli e in una borsetta, ma le autorità non intendono rendere pubblico alcun nome prima di aver avvertito i parenti più stretti.
PARTE PRIMA
Ritmi da Honky-Tonk
e Ingranaggi del Destino
1
[TESTO-INFRA]I[TESTO]n seguito, da adulto, Harold Wilkes si sarebbe ricordato degli eventi della sua infanzia che avevano dato il via a quella storia e avrebbe pensato: se solo avessi tirato avanti a dormire per tutta la notte.
Non c’era molto a cui aggrapparsi: in realtà, non c’era proprio nulla. Era il solito vecchio cliché «se solo lo avessi saputo» di cui sono ricchi i romanzi tascabili. Ma, di quando in quando, lui ci pensava e si poneva delle domande.
Per come si erano messe le cose, infatti, con tutto ciò che sentiva, tutto ciò che vedeva, tutto ciò che sapeva, quella non era vita.
2
[TESTO-INFRA]A[TESTO]ll’interno del salotto, grazie alla disposizione delle finestre, era come se Harry ci vedesse con l’occhio composto di un’ape. Aveva sei anni e non sapeva niente dell’occhio composto delle api, ma gli piaceva tanto l’aspetto del mondo da quelle finestre.
Lassù, sulla cima di una collina del Texas Orientale, con le tende azzurre tirate indietro, le finestre alte e ampie che occupavano un intero lato della stanza, vedeva la strada e, più in basso, un honky-tonk, al di là del quale stavano la strada statale e un drive-in circondato da una recinzione di latta luccicante.
Il paese delle meraviglie.
Se le finestre erano gli occhi di un’ape, allora erano occhi appannati, in quanto rivestiti da uno strato di polvere fine quanto il borotalco che si mette sul culetto di un bambino. All’inizio, i suoi genitori avevano fatto del loro meglio per tenerle pulite ma, con quella strada sabbiosa lì davanti, con tutte le macchine che la sollevavano ogni volta che ci passavano davanti, si era trattato di un compito impossibile. Ci avevano provato qualche volta, ma la cosa era finita lì.
Il paese delle meraviglie in mezzo alla polvere.
Anche il lato occidentale della stanza disponeva dello stesso tipo di finestre, che però lo occupavano solo per metà ed erano meno impolverate. L’altra stanza era bianco sporco e le finestre sulla parete occidentale si affacciavano su un rottamaio e, più oltre, su un bosco. Di notte Harry era convinto che le macchine assomigliassero agli insetti che zampettavano sul pavimento quando lui accendeva la luce del bagno. Solo che erano più grandi. Molto più grandi. Insetti grandi, arrugginiti, gibbosi, che si muovevano a passo lentissimo, in cerca di un nascondiglio nel folto del bosco. O, quanto meno, a lui piaceva giocare con quell’idea, per quanto sapesse bene che erano delle macchine, congelate nella loro morte automobilistica.
Però non assomigliavano alla macchina di suo padre e non assomigliavano nemmeno alle macchine che lui vedeva sulla strada. Alla luce del giorno, erano rosse di ruggine e poggiavano pesantemente sulle ruote, con le gomme che il tempo aveva logorato o che qualcuno si era fregato. Alla luce del giorno, sembravano solo affaticate.
Harry non aveva nessuna idea del fatto che quelle macchine fossero state prodotte nel 1948, al più tardi nei primi anni ’50. In quel posto, la macchina più recente risaliva al 1959 ed era conciata peggio di tutte le altre, con il parabrezza completamente crepato per qualche incidente. \[...\]
Quel giorno, il giorno in cui tutto era cominciato, era stato male. Era successo di sabato, una gran brutta cosa. Se ti capita di stare male, è sempre meglio che non succeda di sabato. Aveva dormito tutto il giorno, in preda alla febbre alta, una specie di cottura a fuoco lento sotto le coperte, e si era svegliato d’improvviso, più fresco e pieno di energia di prima, annoiato e scocciato per essersi perso i cartoni animati della mattina. E, a peggiorare le cose, era già sera.
L’indomani, pensò, sarebbe salito a giocare sul melo dietro casa, fingendo che fosse una navicella spaziale. Se ne intendeva di navicelle spaziali. Sua madre gli aveva letto un libro a proposito di una navicella spaziale e il suo cugino maggiore aveva letto un libro su una navicella spaziale sotto un melo, proprio come il melo dietro casa sua.
In casa sua regnava il silenzio. I suoi genitori stavano dormendo. Guardò fuori dalla finestra, vide l’honky-tonk con le sue luci e le sue voci e sentì un pezzo di musica country fluttuare nell’aria, una canzone su alcol e amori finiti male. I suoi occhi riuscivano a spingersi al di là della strada statale, oltre la recinzione di latta, fino a scorgere quello che veniva proiettato sul grande schermo bianco del drive-in.
Non sapeva che era in corso una serata dedicata ai vecchi cartoni animati; sapeva solo che stavano proiettando dei cartoni animati e che quella mattina se li era lasciati scappare alla TV e così avvicinò una sedia alla finestra, vi si sedette sopra e guardò i personaggi della Warner Bros - Bugs Bunny, Daffy Duck e tutti gli altri - impegnati a fare le loro solite buffonate. Non riusciva a sentirli. Non c’erano altoparlanti. La sola colonna sonora era quella fornita dall’honky-tonk, in quel momento un vecchio motivo di Loretta Lynn che parlava di tristi ragazze del Kentucky, presto seguito da altre canzoncine analoghe \[...\].
Guardò lo schermo e rise e, man mano che la notte avanzava, la sua energia si esaurì e iniziò nuovamente a sentirsi stanco. Gli venne caldo. Prese a fargli male la gola, così come il collo, ma la cosa che gli dava più noia era l’orecchio destro. Era come se ci fosse entrata un’ape; giù, in profondità, c’era una specie di ronzio. L’ape si gonfiò e gli riempì l’orecchio, gli riempì la testa. Il battito caldo delle sue ali era insopportabile.
Harry ebbe il suo bel daffare a restarsene seduto. I cartoni animati iniziarono a ondeggiare e la stessa cosa fecero le finestre. Si misero a ondeggiargli tutt’intorno, come se fosse circondato da demoni di vetro che sputavano fuori luce e musica honky-tonk, in una emorragia di colori da cartoni animati che proiettavano folli ombre sulla parete. La casa si mise a girare vorticosamente. Il soffitto cadde e il pavimento si sollevò. L’ape dentro al suo orecchio si scatenò.
Il paese delle meraviglie si era fatto un giro su un ottovolante.
La mattina seguente, suo padre lo trovò privo di sensi sul pavimento, in una pozza di urina, accanto alla sedia.