Napoli - È un noto imprenditore milanese. Con le idee chiare: «L’importante è che non ci vada di mezzo il bambino». Il bambino in questione, invece, ha le ore contate e la sua corsa per venire al mondo si interromperà, salvo ripensamenti, il 27 maggio. Quel giorno la mamma abortirà in un letto del Policlinico di Napoli. Il motivo? Sandra, come l’ha ribattezzata la giornalista di Repubblica che l’ha intervistata, l’ha spiegato al Presidente Giorgio Napolitano in una lettera sfogo: «Io e mio marito guadagniamo 1.300 euro al mese». Pochi in due, un disastro, secondo lei, in tre: «Non ho i mezzi per crescere un figlio».
Così la donna, con la morte nel cuore, ha preso quella decisione difficilissima. Lui, l’imprenditore, ha letto la sua storia, raccontata sul Giornale da Eugenia Roccella, e ora prova a fermare quel conteggio alla rovescia: «Sandra faccia nascere suo figlio. Lo manterrò io. Sono disposto a fare una donazione di circa 700 euro al mese, più o meno 10mila l’anno, per portare il reddito della coppia sulla linea dei 2mila euro mensili. Così finché il bambino non andrà alle elementari».
Sandra i suoi calcoli umilianti li ha fatti prima di contattare l’ospedale: «Con 2mila euro al mese mi terrei il bambino. La mia, oggi, è una scelta obbligata. Mio marito è più deciso di me. Pensa sia un fallimento non poter dare a un figlio ciò di cui ha bisogno». Con 1300 euro al mese, la vita della famigliola, che vive nell’hinterland napoletano, diventerebbe ancora più ardua. Insostenibile, secondo l’aritmetica di Sandra.
Con qualche certezza in più, Sandra, commessa non regolarizzata in un negozio di informatica, respirerebbe. Insieme al marito, un artista cubano, potrebbe dedicarsi alla costruzione del nido domestico. Senza essere divorata dalla paura di non farcela. Senza l’ansia di non riuscire a scavalcare il muro quotidiano delle spese, dei bisogni, delle difficoltà impreviste.
Ora quell’imprenditore offre un aiuto dalle colonne del Giornale: «Non voglio assolutamente comparire, la donazione sarà rigorosamente anonima. L’importante è dare un futuro al bambino. Il resto non mi importa». Sandra ha tre settimane e mezzo per ripensarci e per coltivare il suo desiderio di essere madre. Nella lettera a Napolitano, cupamente intitolata «Necrologio di un bambino che è ancora nella mia pancia», Sandra mette in fila i sentimenti provati come in un’altalena: scoprirsi incinta è stata «un’emozione bruciante, una felicità incontenibile» ma ben presto «la ragione ha preso il posto del cuore». La prosa della contabilità giornaliera ha spazzato via i sogni di una quasi mamma di soli 29 anni: «Presidente, ora devo scegliere se essere egoista e portare a termine la mia gravidanza sapendo di non poter garantire al mio piccolo neppure la mera sopravvivenza oppure andare su quel lettino».
Sandra accetterà quell’aiuto? C’è tempo fino al 27 maggio per non dire addio «a questo figlio che se ne andrà per sempre». E che ora ha invece la chance di diventare un nome.
Il suo dramma dovrebbe far riflettere: il Comune di Milano e la Regione Lombardia hanno dato e danno contributi economici anche indiretti a chi decide di tenere il figlio; i Centri di aiuto alla Vita hanno salvato 14mila bambini con l’adozione prenatale a distanza: 160 euro al mese per un anno e mezzo. Ma sono gocce. «Nei fatti - afferma sconsolata Sandra - non succede niente. Lo credo che l’Italia è alla crescita zero». Speriamo che sia lei a dare un segnale di speranza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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