L'Arma dei Carabinieri si è costituita parte civile nel processo che vuole far luce sulla morte di Serena Mollicone, la ragazza di Arce scomparsa il primo giugno del 2001 e ritrovata morta nei boschi due giorni dopo. Oltre all'Arma, saranno parte civile anche i familiari di Serena e quelli del prigadiere Santino Tuzi, suicidatosi nel 2008.
A processo, per l'omicidio della ragazza ci sono 5 imputati: l'ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, la moglie, il figlio e il maresciallo Vincenzo Quatrale sono accusati di concorso in omicidio, mentre l'appuntato Francesco Suprano è accusato di favoreggiamento. Quatrale, invece, è ritenuto responsabile anche dell'istigazione al suicidio del brigadiere Tuzi. Secondo l'accusa, Serena sarebbe stata uccisa all'interno della caserma dei carabinieri di Arce, "con una spinta contro una porta, data la riscontrata perfetta compatibilità tra le lesioni riportate dalla vittima e la rottura di una porta collocata in caserma". Inoltre erano stata idividuata la "perfetta compatibilità tra i microframmenti rinvenuti sul nastro adesivo che avvolgeva il capo della vittima e il legno della suddetta porta, così come il coperchio di una caldaia della caserma". La difesa smentisce la ricostruzione dell'accusa: "Siamo fiduciosi e siamo innocenti", ha detto l'ex maresciallo Mottola al termine dell'udienza.
In aula erano presenti anche l'appuntato Francesco Suprano e il maresciallo Vincenzo Quatrale. Assente invece il padre di Serena, Guglielmo Mollicone, ancora ricoverato in gravi condizioni in ospedale, dopo che a novembre era stato colpito da un infarto. "Io mi batterò ancora affinché ci sia giustizia per Serena", ha detto l'avvocato Dario De Santis. All'udienza era presente anche Matia Tuzi, la figlia del brigadiere morto suicida nel 2008, che aveva prima dichiarato di aver visto Serena entrare nella caserma dei carabinieri di Arce, quel primo giugno del 2001, versione che poi ritrattò e successivamente riconfermò. "Piano piano arriveremo alla verità", ha detto la figlia del brigadiere.
Ieri mattina, in tribunale, c'era anche Carmine Belli, il carrozziere che venne sospettato e accusato dell'omicidio di Serena Mollicone. L'uomo passo in carcere quasi un anno e mezzo, per poi essere assolto dalla Corte di Cassazione, nel 2006.
"Sono qui per due motivi- ha detto Belli- per Guglielmo Mollicone e per chiedere giustizia per Serena".Intanto, la decidione del gup del tribunale di Cassino sul rinvio a giudizio dei 5 imputati è stata rinviata. La discussione è prevista per il prossimo 7 febbraio.
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