La maggioranza approva. E i sestresi si trovano senza quello che il benefattore Vincenzo Fasce aveva lasciato in eredità alla città. Quello con cui si mettevano da sempre a posto i bilanci, nonostante il patrimonio non rendesse proprio quello che avrebbe potuto. Storia di un colpo di mano, di una decisione presa a maggioranza semplice dalla terz'ultima giunta di Sestri Levante, nella seconda metà degli anni Novanta. E storia di una donazione che nelle intenzioni del benefattore probabilmente non doveva finire così. Cioè con un patrimonio che non c'è più e che è servito ad acquistare un immobile nel quale il Comune, quindi tutti i cittadini, finora ci hanno solo rimesso.
Il lascito Fasce non era robetta da poco. Diciannove immobili, negozi e appartamenti, di oltre cento metri quadrati, davanti a stazione Termini, vista sulle terme di Diocleziano, un quarto d'ora a piedi per il Colosseo e i Fori Imperiali. Più un intero albergo a tre stelle, l'Hotel Eton. Negli ultimi anni di «sopravvivenza», al bilancio del Comune di Sestri Levante portavano circa 370 milioni di lire, oltre 250 dei quali derivanti dal solo affitto dell'albergo. I diciannove immobili, tra negozi e appartamenti, non erano certo affittati con senso del mercato. Dei prezzi «politici» dei canoni aveva beneficiato tra gli altri anche un funzionario di un ministero. L'Hotel Eton era stato interamente ristrutturato dai gestori, aveva raddoppiato l'offerta di posti letto e aveva ogni tipo di comfort per la categoria, senza contare che per i sestresi che volevano soggiornare a Roma prevedeva per convenzione una tariffa speciale. Anziché rivedere gli affitti degli immobili e adeguare gli introiti, il Comune di Sestri, ha preferito cancellare tutto questo, e fare cassa. O meglio cassetta. Perché gli amministratori pro tempore che hanno alienato il patrimonio della città, hanno scelto di prendere tutto subito, il più in fretta possibile, vendendo in due lotti unici tutti i beni. Con il risultato di ritrovarsi circa sei miliardi di lire in mano, in cambio di 19 appartamenti e un albergo nel cuore di Roma.
E una volta avuti i contanti, cosa fa la prima giunta di Mario Chella? Abbassa l'Ici? Finanzia lavori pubblici? Risistema le scuole e l'ospedale? Macché. Questo succede a Zoagli. A Sestri Levante il Comune compra la Colonia Tagliaferro, un tempo usata come casa vacanze dal Comune di Casale Monferrato, e incastonata in una splendida posizione nella Baia del Silenzio. Un patrimonio invidiabile, certo. Ma che il Comune si affretta a «offrire» in gestione a una Fondazione creata ad hoc, la Mediaterraneo, che non paga neppure l'affitto. Anzi, presieduta dal presidente della Provincia di Genova con vice presidente il «padrone» di casa (cioè il sindaco di Sestri Levante), per lunghi anni va in rosso, produce un grande debito, che va ripianato dallo stesso Comune e dalla Provincia. Da un lascito che garantiva un piccolo contributo al bilancio, si è passati a un investimento mangiasoldi. Tanto che pochi giorni fa il direttore generale della Mediaterraneo, Angiolino Barreca, poteva salutare come un grande risultato, una previsione di consuntivo finalmente in positivo, annunciando che nel 2006 «il bilancio registrerà un utile significativo». Utile per la Fondazione, chiaramente, non per il Comune.
Certo, i cittadini si possono consolare con i vantaggi per l'immagine, con i convegni svolti, con la gestione del parco naturalistico che non esiste (il tristemente noto «Nua Natua»). Le tasse e l'Ici restano quelle di sempre. L'ex lascito Fasce continua a costare, anche in tempi di bilanci in attivo della Mediaterraneo, al Comune. Che non pago di aver comprato e ristrutturato la colonia-gioiello, di averla offerta alla Fondazione, decide pure di pagare l'affitto in casa propria.
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