Lassini, la Lega sta con il sindaco: "Ma Pisapia condanni i Radicali"

Il Carroccio: «I manifesti sono una stupidata, chi sbaglia paga. Ora il candidato del Pd dica qualcosa sugli insulti di Cappato»

Premesso che «non prenderà voti perchè i milanesi sono persone serie e se ne fregano dei manifesti più o meno scemi sulle Br, vogliono sentire i progetti per i quartieri». Ma nel caso (tutt’altro che improbabile) che Roberto Lassini, il candidato del Pdl al centro della bufera per i manifesti anti-pm, prenda invece una valanga di preferenze e sia eletto in consiglio comunale «se è una persona seria dovrebbe dimettersi un minuto dopo, non deve entrare in aula». Il capolista della Lega Matteo Salvini rafforza il diktat di Letizia Moratti, che aveva chiesto un dietrofront a Lassini e ieri ha dichiarato il caso «veramente e ampiamente chiuso». Anche se il candidato due sere fa si è tenuto aperte le porte di Palazzo Marino (decideranno gli elettori»), il sindaco ribadisce che «sia io che il partito abbiamo in mano una sua lettera di rinuncia irrevocabile alla candidatura». Quella datata 19 aprile e che dice testualmente «lo scrivente Roberto Lassini, a mezzo della presente, intende irrevocabilmente rinunciare alla proprio candidatura nella lista del Pdl». Il Viminale «detta determinate condizioni per l’elezione - ricorda la Moratti -. Quando le liste sono presentate non è possibile ritirare un nome, ma le dimissioni preventive irrevocabili equivalgono a una non candidatura. Lui ha firmato una lettera, l’ha consegnata al partito, e io ho ricevuto la copia dal coordinatore regionale. Ora, parliamo d’altro». Anche il segretario provinciale del Carroccio Igor Iezzi dice «no a Lassini in aula, ha fatto una stupidata e in politica si pagano». Assicura che il partito ha apprezzato la «presa di posizione del sindaco Moratti, siamo fieri che abbia una sola morale a differenze di Giuliano Pisapia». Iezzi porta ad esempio la manifestazione dei radicali due settimane fa in piazza Duomo quando Marco Cappato, a capo della lista Bonino-Pannella che sostiene il candidato del centrosinistra, «dal palco ha detto cose gravissime nei confronti del presidente del tribunale Livia Pomodoro, accusandola di essere vicina a Comunione e liberazione, insinuando pastette con il presidente della Lombardia Roberto Formigoni. Eppure Pisapia che è stato veloce a giudicare il Pdl non gli ha chiesto invece le dimissioni, per la sinistra vale ancora la doppia morale».
Il caso Lassini, anche tecnicamente, resta comunque aperto. IeriPaola Frassinetti e Giorgio Stracquadanio che erano delegati alla presentazione della lista Pdl sono andati all’Ufficio elettorale circondariale per capire se esistono vie di fuga. Ma «secondo la sentenza 1384 dell’1 ottobre ’98 - riferisce Frassinetti - una volta presentata la lista il candidato non può ritirarsi e il partito non lo può escludere». Resta la lettera in mano a sindaco e partito.

Lassini conferma, «le mie dimissioni ci sono, non è colpa mia se non posso essere tolto dalla lista». Ma il sottosegretario Daniela Santanchè ricorda alla Moratti che «unico giudice del comportamento sono gli elettori e i milanesi sono capaci di intendere e volere, una censura dall’alto è molto poco democratica».

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