«LAdorazione di George de La Tour è di una bellezza straordinaria e insolita. Nel San Giuseppe falegname trovo commovente la scena di un giovanissimo Gesù che illumina con la candela Giuseppe mentre lavora. Il tema del figlio che illumina il padre, rendendogli più agevole il lavoro, e insieme cerca con lo sguardo il genitore per rassicurarlo su un futuro doloroso, simboleggiato dal legno della Croce lavorato dal falegname, è di notevole intensità». È Valeria Merlini a parlare e nelle sue parole si legge l'emozione di essersi confrontata con uno dei maestri della pittura europea del Seicento. Insieme a Daniela Storti, Valeria Merlini ha curato la mostra-evento George de La Tour a Milano (catalogo Skira), organizzata grazie al partenariato tra Eni e il museo del Louvre in Sala Alessi, a Palazzo Marino, sede del comune di Milano. «George de La Tour non è molto noto in Italia, ed è la prima volta che gli viene dedicata una mostra che cerca di analizzare il suo stile pittorico» commenta la curatrice.
Per la prima volta nel nostro Paese, L'adorazione dei pastori di George de La Tour accompagna uno dei più celebri capolavori del pittore lorenese, il San Giuseppe falegname, nella ormai tradizionale mostra natalizia organizzata da Eni a Palazzo Marino per ammirare da vicino (a ingresso libero) un'opera della collezione principale del Museo del Louvre: «Osserviamo nell'Adorazione le persone dipinte intorno alla mangiatoia: sono riprese da un'angolazione molto ristretta, quasi fosse una sorta di primo piano televisivo. Il quadro è di gusto fiammingo per la cura dei dettagli degli abiti e delle espressioni dei pastori: è una rappresentazione delicata che suggerisce un'atmosfera raccolta, perfetta per il periodo di Natale e delle feste» spiega Valeria Merlini. Il dipinto ci suggerisce anche degli elementi interessanti sulla vita di George de La Tour, di cui poco si sa perché sono giunti sino a noi pochi documenti: «Se osserviamo i pastori raccolti attorno alla mangiatoia, notiamo che i loro abiti sono quelli della borghesia dell'epoca, quella delle persone che il pittore frequentava nella sua Lorena, a Lunéville, dove viveva con la moglie, una donna benestante. Fu anche pittore di corte, aveva una discreta posizione economica ed era certamente al corrente della rivoluzione pittorica in corso in quegli anni», osserva la curatrice. Siamo a metà del Seicento, in particolare i due quadri esposti a Milano sono degli anni Quaranta, ed è chiaro che per rivoluzione pittorica si intende quella del Caravaggio, il pittore capace di trasformare la luce in protagonista indiscussa dei dipinti.
Per anni de La Tour è stato battezzato il «Caravaggio francese» ma Valeria Merlini ci spiega che questa etichetta è inesatta: «Si prenda il San Giuseppe falegname, un olio su tela che è un inno alla bellezza della semplicità: dal punto di vista tecnico, studiando il dipinto con l'ausilio delle più sofisticate tecniche digitali, si capisce come de La Tour, che pure conosceva la lezione di Caravaggio e dei caravaggisti nonostante un suo viaggio in Italia sia ancora tutto da dimostrare, abbia applicato un metodo completamente diverso nella resa del chiaroscuro: i suoi personaggi sono infatti come sfiorati da una luce costruita grazie a sapienti, lente e precise velature, non invasi dagli intensi coni di luce esterni che irrompono nella scienza alla maniera del Caravaggio».
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