«Il latte fa acqua», produttori in crisi A rischio oltre 150 posti di lavoro

Il comunicato stampa diffuso riporta il disegno di un cartone di latte bucato, che perde da tutte le parti. L'immagine è forte e, ora che il giocattolo rotto non serve più, il rischio sempre più concreto per i lavoratori della Valpolcevera è di finire nel dimenticatoio a rincarare l'elenco delle realtà aziendali genovesi tenute in scacco dalla crisi. La preoccupazione è alle stelle, questa volta per le sorti dei produttori di latte della valle. Il tema è arrivato fino in consiglio di Municipio dove si è discusso, in apertura di seduta, della crisi che, dopo lo stabilimento della Centrale del Latte, rischia di trascinare nel baratro anche i produttori di Fegino.
«Vogliamo esprimere la nostra solidarietà - ha spiegato il consigliere Antonio Cancelliere, di Rifondazione Comunista - ai lavoratori della Centrale che hanno scioperato ieri mattina contro il taglio di 150 posti di lavoro tra indotto e operai. Praticamente hanno chiuso la produzione». Le ragioni? Come in molti altri casi riguardano non tanto l'improduttività quanto una logica di «risanamento» a spese dei dipendenti. «Si sceglie ancora una volta - continua Cancelliere - di tagliare le realtà medio piccole e, invece di proteggere i lavoratori». Ma la crisi non riguarda solo l'azienda. «La preoccupazione - spiega Martina Garri, Udc - riguarda anche i produttori. Oltre l'impresa i tagli influiranno sugli stabilimenti di Fegino dove si produce il latte delle nostre valli, una peculiarità per la zona». «Proprio a ridosso del primo maggio - fa eco Simone Femia, Udc - come gruppo auspichiamo che le istituzioni trovino una soluzione per rilanciare il lavoro in vallata».
Tra gli obiettivi dell'azienda ora c'è la trasformazione dell'impianto in un magazzino di stoccaggio, che salverà non più di una decina di posti.

«La nostra vallata ha già subito tagli lavorativi importanti lo scorso anno e continua a subirne - continua Garri - chiediamo al municipio impegno nel vigilare anche sul destino degli allevatori e delle aree industriali, per capire cosa ne sarà di esse una volta chiuse le linee di produzione». «Il vero obiettivo - dicono i consiglieri del Pdl - è salvaguardare una produzione tipica che rischia altrimenti di tramontare insieme al futuro lavorativo di una valle intera».

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