Ci sono dei numeri che entrano in testa, vengono ripetuti così tante volte che nessuno dubita della loro correttezza, giusti, sacrosanti, incisi nel marmo. Sì, giusti finché uno non prende una calcolatrice in mano e li controlla, trovando che sono sbagliati o inverosimili. Allora si glissa, si passa avanti, ci si concentra sui prossimi: tanto il bottino di titoli è stato portato a casa. Per le smentite c’è sempre il riquadretto in basso a pagina ventinove. Una delle premiate fucine di numeri per i dati economici è il sito lavoce.info, un contenitore dove alcuni studiosi ed economisti presentano articoli con le loro teorie e, se fanno comodo, le conclusioni vengono riprese dal megafono dell’efficiente macchina dell’informazione antigovernativa e diffuse capillarmente, ormai divenute verità assoluta. Peccato che in mezzo ad alcuni articoli ben fatti ve ne siano altri con numeri così tirati da non superare nemmeno l’antidoping da circolo di quartiere, ed altri con numeri del tutto sbagliati, guarda caso quasi sempre mirati ad ottenere un preciso scopo di «controinformazione», con tesi assemblate con la stessa imparzialità di un servizio di Santoro. Il caso più recente è stato quello dei 400 milioni di costo del referendum: una cifra attinta da un articolo apparso su lavoce.info e ormai conosciuta anche dai sassi. Italia oggi si è presa la briga di smentire il numero, frutto di una sbrigliata fantasia, che includeva ore di lavoro perse (la domenica?), babysitter per accudire i figli a causa delle scuole chiuse (come se a fine giugno le scuole fossero aperte) e altre amenità. Rilievo dato dai media? Zero, 400 milioni suona bene e non si tocca, anche se è inventato.
In tempi recenti altre sciocchezze su lavoce.info non sono mancate: in un articolo di Guerra e Giannini dove si insinuava il sospetto che l’evasione (per colpa del centrodestra, ovvio) stesse aumentando, si porta come prova il calo del gettito Iva a fronte di vendite al dettaglio in aumento. È un evidente sogno, dato che nel 2008 le vendite al dettaglio sono decisamente calate (dati Istat e Confcommercio) ma non importa, tanto non controlla nessuno, intanto però il dato (sbagliato) è stato riportato persino dal redivivo Prodi a Ballarò. Sempre in tema di fisco ed evasione: aumentano a livelli record le somme riscosse agli evasori dall’Agenzia delle Entrate? Per smentire che ciò avvenga ecco scattare un articolo dove si dimostra che «in termini percentuali» le somme riscosse crescono meno dell’anno precedente e quindi è come se calassero. Ricordatevene quando vi pesate dopo una mangiata: anche se continuate ad ingrassare, state crescendo meno di quando avevate dieci anni, quindi «praticamente state dimagrendo», il vostro umore ne gioverà.
Si potrebbe andare avanti a lungo, ci sono dietro ogni angolo tesi abilmente confezionate e numeri a dir poco scivolosi. Un altro esempio: si lancia la social card? Ecco subito ospitato su lavoce.info un articolo con una fila di numeri ben costruiti per dimostrare che la carta non serve a nulla. Per capire l’onestà intellettuale della tesi si noti una perla: nell’articolo si sostiene che il 100% delle famiglie che aveva redditi pari a zero ricevendo la social card non riesce a superare la soglia di povertà fissata a seimila euro. Come dire che dopo attenti calcoli si è visto che il 100% di quelli che partendo da zero hanno ricevuto 9 non arrivano a 10 e quindi sono ancora poveri. Serve uno scienziato, non ci saremmo arrivati. Per introdurre il difficile concetto di «miglioramento» aspettiamo l’intervento di un Nobel o un cambio di Governo. Tutt’altra musica quando, per giustificare la sparizione del taglio del cuneo fiscale per i lavoratori solennemente promesso da Prodi, le solite Guerra e Giannini si produssero in un’epocale arrampicata sugli specchi per dimostrare che il taglio c’era anche se nessun lavoratore lo vide. In compenso nemmeno uno straccio di articoletto è stato dedicato da lavoce.
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