Genova - Prendi un'azienda italiana che opera nel settore energetico e rappresenta un'eccellenza nazionale. Falle instaurare rapporti con l'estero per incrementare il proprio business e incentivare l'occupazione. Intavola, dunque, una relazione diretta con professionisti sud coreani pronti a sbarcare a Genova per avviare la partnernship. Facile no? Solo in teoria. È l'Italia, bellezza, e l'operazione si impantana nel dedalo di cavilli burocratici e lungaggini amministrative che rendono quasi impossibile fare impresa nel nostro Paese. E così tra visti, permessi, nulla osta e richieste assortite, l'arrivo in Italia di 18 ingegneri dalla Corea richiede addirittura 29 pratiche e diventa dunque un problema più che un'opportunità. Tanto che l'ingegnere responsabile di innovazione e sviluppo, anziché fare il proprio lavoro, è delegato a gestire l'enorme plico di documenti da presentare ai vari uffici, con tanto di spola quotidiana tra Prefettura e Questura.
Succede che Ansaldo Energia stipuli un accordo di collaborazione con il colosso coreano Doosan Heavy Industries, per lo sviluppo di una nuova turbina a gas destinata a vari Paesi come Nord America, Brasile, Arabia Saudita e, appunto, Corea. L'operazione permetterà ad Ansaldo di diventare nei prossimi anni leader mondiale del settore, con ricadute economiche e occupazionali importantissime anche in Italia. Basti pensare che è prevista l'assunzione di 100 ingegneri nella sola sede genovese, 35 già il prossimo anno. Tutto bene, tutto bello. In tempi di crisi, roba da leccarsi le dita. Se non fosse che siamo il paese del sole, del mare e della burocrazia.
L'accordo prevede che 18 ingegneri coreani sbarchino a Genova per lavorare fianco a fianco con i colleghi italiani, peraltro pagati da Seul. Servono i documenti per un permesso di soggiorno e di lavoro superiore ai 6 mesi e scattano la richieste da parte di Ansaldo. Ma quello che ci si trova di fronte è da non credere. In tutto sono addirittura 29 le pratiche da sbrigare: tre di competenza delle due aziende, 13 per la sola Ansaldo e 13, alla fine di tutto, per ognuno dei poveri 18 coreani (per ora pendolari sulla tratta Seul-Genova) costretti a una sfilata in questura per lasciare non solo i propri dati, ma anche una foto segnaletica e le impronte digitali.
Una procedura folle che va avanti da quasi due mesi e che «rischia di rallentare in maniera significativa le attività di questo progetto, che ha per noi un grande valore e tempi molto serrati», spiega Daniela Gentile, responsabile sviluppo e innovazione di Ansaldo Energia che sta gestendo la vicenda.
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