Lavoratori in rivolta contro il sindacato che dice «no» a tutto

di Massimiliano Lussana

Finisce che la Fim, il sindacato metalmeccanici della Cisl, e la Uilm, i metalmeccanici della Uil, con l’accordo anche dei metalmeccanici dell’Ugl firmano un contratto integrativo per i lavoratori di Fincantieri che prevede 1500 euro (milleecinquecento euro!) di premio di risultato «che si aggiunge al pregresso». E poi, l’accordo prevede che «nel caso di ricorso a strumenti congiunturali», come è ad esempio la cassa integrazione ordinaria, ai lavoratori siano garantiti la maturazione delle ferie e una serie di diritti per 13 mensilità e poi i ticket restaurant e poi un rimborso giornaliero di cinque euro per le spese di viaggio in caso di adesione a percorsi formativi.
Finisce che la Fiom, il sindacato metalmeccanici della Cgil, boccia l’accordo e proclama due ore di sciopero per oggi. E questa - diciamolo pure - è un po’ la solita conclusione, senza particolari scarti di fantasia. Tanto che il capogruppo di An in consiglio comunale a Genova Aldo Praticò ironizza: «Hanno detto di no a un aumento di 1500 euro? Ne avrebbero rifiutati anche 5000».
Finisce che Giuseppe Bono, amministratore delegato dei cantieri, riesce a far portare a casa ai suoi lavoratori il massimo possibile in questo momento, in cui la cantieristica è uno dei settori più colpiti dalla crisi economica che c’è, si vede e si sente. Nel naso e nella gola di chi si trova senza lavoro da un giorno all’altro. Senza farne un santino o un coccodrillo in vita - cosa che fra l’altro il diretto interessato nemmeno gradirebbe, da persona schiva e restia ai riflettori quale è - Bono è un amministratore molto attento ai suoi dipendenti, tutto fuorchè un falco delle relazioni sindacali o una jena della scrivania. E quindi il contratto è quanto di meglio si potesse ottenere oggi.
Finisce che, in qualche modo, ieri è stato scritto un pezzetto di storia del futuro di Fincantieri che - non dimentichiamolo mai - è praticamente la prima impresa della Liguria con gli stabilimenti di Sestri Ponente a Genova, del Muggiano alla Spezia e di Riva Trigoso a Sestri Levante, con la direzione navi militari di via Cipro e con un indotto che dà lavoro diretto o indiretto a migliaia di genovesi e di liguri. Come hanno ben capito sindacalisti come Claudio Nicolini della Fim-Cisl o Antonio Apa della Uil-Uilm. Trattativisti, realisti, possibilisti. Insomma, semplicemente «sindacalisti» nel senso letterale della parola. Non oppositori a prescindere. Addirittura la Uilm, provocatoriamente ma non troppo, distribuisce moduli in cui i lavoratori chiedono all’azienda di rinunciare all’integrativo, sia dal punto di vista economico, che da quello normativo.
Insomma, finisce bene. Soprattutto, finisce nel miglior modo possibile. Almeno, oggi.
Ma la notizia è che - di fronte a questa conclusione - i lavoratori, molti lavoratori, si ribellano alla linea dello scontro.

In bacheca sono affissi manifestini dei dipendenti Fincantieri che andranno in cassa integrazione che scrivono: «Secondo noi è già un buon successo avere un accordo che, oltre a consolidare la parte già esistente, riconosce un ulteriore aumento del salario. Perchè in questo momento ci interessa molto di più avere la garanzia che rientrando dalla cassa, TUTTI NOI troveremo il nostro cantiere lì dove lo abbiamo lasciato».
Sta tutto lì, non serve aggiungere altro.

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