Il lavoro emergente? La dama di compagnia

Sono sempre di più le italiane che frequentano i corsi di formazione per l’assistenza agli anziani autosufficienti. Per tenerli attivi li accompagnano a fare la spesa, ne assecondano le abitudini e li avvicinano alle nuove tecnologie

Il lavoro emergente?  
La dama di compagnia

Otto-novecento euro al mese più contributi Inps, vitto e alloggio. Se ne può parlare. Dopo anni di monopolio vacilla l’impero romeno delle badanti, un temibile esercito partito da Bucarest alla conquista delle famiglie italiane. Grazie alla crisi tornano di moda, tra le nostre donne, mestieri rejetti che neanche valeva la pena nominare. Un provvidenziale ritorno al passato, alla lingua italiana e alla buone maniere. E tra gli impieghi c’è il gran ritorno della «dama di compagnia», lavoro di cui si erano perse le tracce. Non proprio la nobildonna dei teleromanzi sceneggiati in bianco e nero, ma una rivisitazione anni Duemila con l’atterraggio morbido dell’orario flessibile e il fine settimana libero. La dama verrà inserita in famiglie dove l’anziano è sì autosufficiente, ma necessita comunque di un aiuto per la spesa, trascorrere la giornata, usare le nuove tecnologie, uscire a fare una passeggiata. Compagnia, appunto.

Approfondisce l’argomento l’esperta Giancarla Baldasso dell’Associazione Carmen di Castelfranco: «La dama di compagnia, termine mutuato dalle dame del Settecento Veneziano, è una persona che svolge un servizio qualificato recandosi a domicilio su richiesta delle famiglie o del servizio sociale. Viene formata e coordinata da un referente del servizio che ha il compito di insegnargli ad essere cordiale, disponibile. Dovrà capire la patologia della persona che assiste e monitorare per conto dei familiari i suoi atteggiamenti per contribuire a comprendere il grado di evoluzione della malattia. Saprà proporre attività adeguate e assecondare le abitudini. Dunque una persona qualificata, così com’erano le dame di compagnia dei secoli scorsi, abituate a star vicine a contesse, marchese o baronesse. Un qualcosa di diverso dalle figure che solitamente seguono persone anziane o in difficoltà».

Un qualcosa di adatto alle italiane che si rimettono così in gioco. Negli ultimi due anni la loro presenza è infatti raddoppiata sia nei corsi di formazione per colf che per quello da dama di compagnia. Un esercito di pensionate, disoccupate e giovani al primo impiego bussa oggi alle porte delle famiglie. Cambia lo scenario dell’immigrato che si occupa del lavoro che l’italiano non vuol più fare. Secondo la Fillea-Cgil nei corsi per muratori, organizzati da privati e sindacati di settore, dopo tanti anni sono tornati a vedersi gli italiani. Anche nel fortino del lavoro domestico il monopolio delle lavoratrici immigrate è sotto assedio. «Dall’inizio del 2010 - racconta Fredo Olivero della fondazione migrantes di Torino - sono cominciate ad arrivare le prime italiane disposte a lavorare come badanti e il loro numero è via via cresciuto. Generalmente hanno più di 50 anni, sono per lo più disoccupate, sono uscite dal mercato del lavoro e non riescono più a rientrarci. Purtroppo, contestualmente al loro arrivo è diminuita anche l’offerta lavorativa da parte delle famiglie e così un numero crescente di badanti deve spartirsi un numero sempre più ristretto di posti di lavoro».

Certo, per ora la badante-tipo parla ancora straniero. Stando al Censis, infatti, la maggior parte è immigrata (71,6 per cento) e proviene soprattutto dalla Romania (19,4 per cento), Ucraina (10,4 per cento), Polonia (7,7 per cento) e Moldavia (6,2 per cento). Colf e badanti sono per l’82,6 per cento donne, il 51,4 per cento ha meno di 40 anni. Sono un milione e 538mila e lavorano in 2 milioni e 412mila famiglie italiane. Sempre per il Censis, una famiglia su dieci è badante-dipendente. Senza il loro lavoro, il bilancio dello Stato italiano sarebbe gravato da un onere ulteriore di circa un miliardo di euro l’anno.

Dunque, per chi fosse interessata a Todi c’è ancora tempo per iscriversi al corso da badante che avrà inizio il 24 marzo e avrà cadenza settimanale, sempre - naturalmente - di giovedì.

Si insegnerà la lingua italiana (per chi ne avrà bisogno), elementi di primo soccorso, cura e bisogni dell’assistito, assistenza in presenza di malattie degenerative. Gli immancabili racconti sulle leggende della Transilvania e le terrificanti zuppe di trippa romena potrebbero avere i giorni contati. Gli anziani ringraziano sentitamente la crisi.

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