Roma Elsa Fornero allenta la tensione con i sindacati, cerca di sgombrare il campo dal tema simbolo dell’articolo 18, ma riapre il fronte altrettanto caldo delle casse previdenziali dei professionisti. E se la prende in particolare con i giornalisti. Anche ieri il ministro del Welfare ha monopolizzato l’attenzione dei media, ribattendo colpo su colpo alle accuse mosse alla riforma delle pensioni e alla sua intervista di domenica scorsa.
«Nella mia intervista, non era proprio citato l'articolo 18», ma sul mercato del lavoro «non ci sono terreni inesplorati». Quindi confronto con le parti sociali (che comunque non inizierà prima di gennaio), ma senza preclusioni. «Le mie parole erano un invito al dialogo. Poi se qualcuno ci legge qualcosa che non è detto, non è responsabilità mia».
Il riferimento è soprattutto al segretario della Cgil Susanna Camusso che aveva polemizzato duramente con il ministro. Il primo sindacato non ha mollato la presa nemmeno ieri e ha accusato l’esecutivo Monti - sempre sui temi di competenza di Fornero - di «recuperare il peggio dell’ideologia del governo precedente». Marchio di infamia che la Cgil usa per chiedere l’apertura del confronto. Magari, con il patrocinio diretto del premier Mario Monti e mettendo da parte il ministro del Welfare. Ipotesi che ieri ha preso quota quando Monti, al Quirinale, ha scambiato qualche parola con il segretario della Cgil. Il presidente del Consiglio ha rassicurato la Fornero: non si è parlato di articolo 18.
Difficile comunque che il tutto finisca con un richiamo all’ordine per la Fornero, visto che le idee di Monti sulla concertazione non sono diverse da quelle del suo ministro. La volontà di coinvolgere i sindacati sulla riforma del lavoro, d’altra parte, su questo tema c’è. Così come quella di concedere qualcosa da parte delle parti sociali.
La direzione che potrebbe prendere il confronto l’ha indicata Raffaele Bonanni. Se si tocca l’articolo 18 «è a rischio la coesione sociale». E la vera scommessa è quella di alzare gli stipendi dei precari. «Io sfido la Fornero a discutere come alzare il salario ai flessibili e di come il governo debba incentivare fiscalmente e con altri strumenti questa possibilità, questo significa andare incontro ai giovani».
Fornero è d’accordo: «Bisognerebbe riuscire ad aumentare i salari perché sono bassi, non è una cosa che ci sfugge. Conosciamo questo divario nella distribuzione dei redditi che si è creato negli ultimi 15-20 anni».
Nessuna concessione sulle pensioni, anche se delle modifiche parziali alla manovra potrebbero arrivare con il decreto milleproroghe di fine anno, in particolare sulla penalizzazione per chi accede alla pensione anticipata prima dei 62 anni. La riforma è equa, ha sottolineato Fornero.
Poi c’è il capitolo delle casse dei lavoratori autonomi. La manovra impone di mettere in equilibrio i conti per i prossimi 50 anni e gli istituti previdenziali dei professionisti lo ritengono un impegno troppo gravoso.
Il ministro ha affrontato il tema partendo da un affondo contro la categoria dei giornalisti che «sta sperimentando la durezza» della crisi dopo «essersi avvalsa di privilegi» anche grazie «alla vicinanza al potere politico». Parole pronunciate nella sede della Federazione nazionale della stampa, dove si stavano celebrando i 100 anni dalla firma del primo contratto nazionale dei giornalisti. Anche l’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, è tra le casse tirate in ballo dalla manovra. «Ha problemi di sostenibilità, come quasi tutte le altre casse professionali», ha attaccato Fornero. In generale le casse dovrebbero pensare non solo ai pensionati di oggi, ma «anche a quelli futuri.
Nessuno può chiamarsi fuori dal riordino».
Dura la replica dei giornalisti. Per Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi e dell’Adepp (l’associazione degli enti previdenziali privati), le affermazioni di Fornero sono «gravissime». Corrispondono «ad un progetto ben preciso che, per correttezza e coerenza, il ministro dovrebbe rendere pubblico».
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