La bufera scatenata prima di Natale solo per avere sostenuto che l’articolo 18 «non è un totem» rischia di essere una brezza estiva in confronto alle sfide che attendono il ministro del Lavoro nel 2012. I dossier più scomodi del governo sono, di fatto, sulla scrivania di Elsa Fornero. Decisioni che, se attuate, modificheranno profondamente la vita degli italiani, toccheranno poteri fortissimi e rischiando di scontentare in una volta sola tutto l’arco parlamentare e le parti sociali al gran completo, dai sindacati di base fino a Confindustria. Il ministro del Lavoro dovrà affrontare queste sfide da sola, a meno che il premier Mario Monti non decida di metterci la faccia.
RIFORMA DEL LAVORO
Si fa presto a dire contratto unico. Dietro all’idea generica di un unico rapporto di lavoro con tutele che crescono con l’anzianità ci sono almeno quattro diverse formule sulle quali si stanno accapigliando accademici, politici e tecnici. Lo stesso ministero del Lavoro non ha ancora scelto, anche se ieri la versione più gettonata sembrava quella del «contratto prevalente». In sostanza, un contratto con un periodo di prova molto esteso rispetto agli attuali tre mesi - fino a tre anni - al termine del quale tornerebbero tutte le tutele, compreso l’articolo 18, cioè l’obbligo di reintegro per i lavoratori licenziati senza giusta causa. Fornero, preferirebbe quindi la proposta Boeri a quella Ichino, che prevede più libertà di licenziamento, anche al termine del periodo di prova. Ma questa è anche la formula più morbida e potrebbe non bastare alle istituzioni internazionali che ci chiedono di riformare il lavoro. Su questo tema Fornero rischia anche di scontentare Confindustria e più in generale le imprese, che temono di dovere scontare un maggiore costo del lavoro, se si dovesse scegliere di fare pagare di più i contratti atipici.
ARTICOLO 18
Le differenze di idee tra giuslavoristi sono tutto sommato superabili. Ma Fornero si troverà ad affrontare anche tutto il carico simbolico e politico degli interventi sul lavoro. E le modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori restano un tabù per il Pd, che è un pezzo importante della maggioranza. Se il governo dovesse cambiarlo o modificarlo la segreteria di Pier Luigi Bersani, sensibile agli umori della Cgil, non potrebbe fare finta di niente. E quel «roba da matti toccarlo» pronunciato dal leader Pd prima di Natale si tradurrebbe in una minaccia concreta di uscita dalla maggioranza. Uno scenario che il premier Monti vuole evitare a tutti i costi. Più facile il confronto con il Pdl che, su questo tema, spinge invece sull’acceleratore.
SINDACATI UNITI
La manovra «salva Italia» è stata approvata senza sentire i sindacati, ma per la fase «cresci Italia», il premier Monti si è impegnato a passare per il confronto con le parti sociali. La grana è a questo punto della Fornero, perché se per il responsabile dello Sviluppo Corrado Passera sarà facile fare passare liberalizzazioni e piani per le grandi opere, per lei sarà impossibile mettere d’accordo tutti sulla riforma del mercato del lavoro. Situazione già sperimentata dal precedente governo di centrodestra, che ha risolto facendo accordi separati con Cisl, Uil, Ugl e Confsal, senza la Cgil. Ma questa soluzione è impraticabile dal governo tecnico per una condizione posta dalla sinistra e - dicono da tempo ambienti sindacali - anche del Quirinale: quella di non lasciare da parte la Cgil. Peccato che la Cgil non abbia intenzione di accettare il confronto sulle riforme l’Italia deve attuare.
DISOCCUPATI SENIOR E PENSIONI
C’è una fascia di età, i 50-55enni, che rischia di diventare un’emergenza sociale. La riforma delle pensioni sposta in avanti l’età del ritiro. Ci sono circa 50-65 mila lavoratori in mobilità per i quali sono stati stipulati accordi collettivi che sono stati esclusi dalla stretta sulle pensioni. Ma resta un numero indefinito di ex dipendenti che hanno fatto accordi individuali con le aziende oppure licenziati. Per loro la pensione è troppo lontana e il mercato del lavoro italiano non è abbastanza evoluto da riassorbirli.
SERVONO SOLDI
Possibili modifiche alla riforma delle pensioni? Nonostante la rigidità delle fonti ufficiali degli spiragli ci sono. Peccato che tutto debba passare per il Tesoro perché ogni riga cambiata si traduce in milioni di euro da trovare altrove. Per non parlare della riforma degli ammortizzatori. Uno dei cavalli di battaglia di Fornero è proprio un sussidio di disoccupazione il più possibile esteso, che compensi gli effetti congiunti della riforma del lavoro e di quella previdenziale.
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